Oggi esce nelle sale il nuovo film di Jonathan Nossiter, Resistenza Naturale, che torna a occuparsi di vino a dieci anni di distanza da Mondovino. Si tratta di un film che farà senz’altro discutere e proveremo anche noi a darne conto su queste pagine, nei prossimi giorni. Per ora vorrei parlare di un’altra forma di resistenza legata al vino: il vino in questione è la Falanghina dei Campi Flegrei Selva Lacandona, prodotta a Chiaiano, da una vigna di due ettari e mezzo che è parte del fondo confiscato al clan dei Simeoli.
Si tratta del primo bene agricolo requisito a Napoli: sequestrato nel 1997, confiscato nel 2001 e finalmente assegnato un paio d’anni fa in comodato d’uso all’associazione (R)esistenza Anticamorra. Non tragga in inganno quella “erre” tra parentesi: in realtà il progetto di (R)esistenza ha l’ambizione di rilanciare la vita nel suo insieme, l’esistenza intera di un quartiere come Scampia, devastato dall’illegalità, dal crimine e dallo spaccio, ma percorso da un’esigenza di rivalsa e di riscatto che prende oggi varie forme e va testimoniata con più attenzione e fiducia. Ne parla qui il suo presidente, Ciro Corona, in un’intervista che fa il punto sulla questione con estrema lucidità e concretezza (link)
Ma ne parla anche Gianluca Arcopinto nel suo libro Un fiume in piena. Storie di un’altra Scampia, appena uscito per DeriveApprodi *.
Gianluca è un produttore cinematografico indipendente che in quasi trent’anni di lavoro ha prodotto, distribuito o organizzato più di 120 film, spesso in completa autonomia, con una speciale predilezione per i registi esordienti e per le cosiddette opere prime, e con una scarsa attitudine a scendere a patti o a prestarsi a compromessi al ribasso. Ma è anche un terzino roccioso, direi quasi granitico, mio compagno di fascia nelle partitelle a pallone dei venerdì sera romani, sul campetto di Villa Flaminia.
Il suo libro racconta i retroscena e le contraddizioni della serie tv Gomorra, di cui Arcopinto è stato organizzatore generale per quasi un anno, prima di lasciare il set. Per schierarsi con quella parte di cittadinanza attiva fatta di persone e di associazioni che rifiutano di riconoscersi nella parabola narrativa di una famiglia di boss per come viene spettacolarizzata in televisione, e chiedono che si racconti un’altra storia. La storia di quella Scampia che si batte per non restare in ostaggio dell’economia camorristica che controlla il territorio, di quella Scampia che resiste alla droga, che denuncia l’abbandono da parte delle istituzioni e che si impegna a dare forma concreta a progetti di lavoro onesto e alla speranza di una vita dignitosa.
È un libro che si legge in un sorso, ma che lascia una lunga persistenza, dove le sensazioni di amarezza non hanno nessuna intenzione di scolorire in rassegnazione, anzi. Suggeriscono al contrario l’esigenza di mobilitarsi e di voltare pagina.
«[…] negli ultimi anni si è organizzato il coraggio e coltivata la speranza, per cui c’è un forte fermento associativo che fa sì che questo quartiere non possa più essere considerato solo terra di camorra ma anche terra di riscatto, di speranza, di resistenza. Oggi c’è la coscienza che chi si salva a Scampia non è più l’eccezione».
In questa prospettiva, anche la Falanghina del vigneto di Chiaiano rivendica un ruolo importante, perché garantisce un’opportunità di lavoro e di reinserimento sociale a quei minori che scontano pene alternative al carcere, come già nel caso di altri vini prodotti a partire da vigne confiscate alle mafie (penso soprattutto alla Cantina Centopassi e al progetto siciliano della cooperativa Libera Terra *). E offre così al consumatore l’occasione per un acquisto diverso, con cui testimoniare l’esigenza di fare attrito e resistenza alle inerzie del sistema, anche soltanto bevendo un bicchiere di vino.
«[…] la tenuta sarà ribattezzata Selva Lacandona, in onore della foresta messicana, e manterrà in ricordo commemorativo la dedica ad Amato Lamberti, studioso e avversario della camorra. […] Ci sediamo e brindiamo alla terra, che ritorna a chi la merita. […] questo vino si deve bere, perché è buono, perché ha un valore, perché è un vino di lotta».
Realizzata in 10 mila bottiglie, senza consulenze enologiche “dall’alto” ma con il solo sostegno logistico delle Cantine Astroni *, la Falanghina non filtrata di Selva Lacandona non credo abbia bisogno di ulteriori descrizioni tecniche, né tanto meno di note di degustazione. Mi limito a segnalare che la distribuisce il Consorzio NCO, Nuova Cooperazione Organizzata *.
Tutti gli appassionati del gusto dell’impegno e del sapore della legalità sono avvisati.