Greco - Tufo (AV)

Bianchi Campani 2013 #2: Greco di Tufo

Dopo il primo speciale dedicato alla Falanghina (link), continuiamo il nostro viaggio nei bianchi campani del 2013 occupandoci di Greco di Tufo (clicca qui per l’approfondimento sulla denominazione).

In estrema sintesi, si fa per dire, anche in questo caso sembra delinearsi un millesimo dagli esiti tendenzialmente superiori alle attese. Come ricordato nel post introduttivo sugli aspetti climatici ed agronomici della 2013 (link), i vigneron irpini hanno dovuto fare i conti con un meteo complicato, specialmente nel periodo tardo estivo, che ha fatto sentire i suoi effetti non certo in maniera uniforme per tutti i vitigni e per tutte le zone. Sulla carta proprio il greco doveva essere la varietà più penalizzata dal millesimo: date le sue caratteristiche genetiche e colturali, a cominciare dalla buccia sottile e dalla elevata sensibilità a fenomeni di botrytis e marciume, in diversi casi si è dovuto raccogliere – per non perdere l’annata – indipendentemente dal raggiungimento dell’ideale maturazione zuccherina e fenolica. Chi ha avuto modo di girare nell’avellinese durante il periodo di vendemmia sa bene con quanta difficoltà sia stato possibile imbattersi in partite significative di greco perfettamente sane e mature. Al contrario: se avesse senso giudicare un’annata esclusivamente dall’impatto “visivo” con le uve lavorate nelle cantine, sarebbe stato inevitabile immaginare dei Greco di Tufo 2013 di livello medio-basso.

Ma per fortuna il vino non è teoria e la prima orizzontale collettiva restituisce uno scenario sensibilmente diverso e soprattutto meno schematico. Sono molti meno del preventivabile i Greco irrimediabilmente diluiti e squilibrati, mentre c’è un gruppo compatto di vini convincenti e coerenti sul piano espressivo e varietale. Non è il caso del brutto anatroccolo che si trasforma magicamente in cigno, intendiamoci, e a livello “generale” sarebbe poco credibile parlare della 2013 come il miglior millesimo di sempre per la denominazione. Eppure si intravedono delle singole riuscite che possono candidarsi, eccome, ad entrare nell’hit parade bianchista nazionale dell’annata, oltre che a configurarsi quasi come dei best ever per i loro interpreti. Sembrerebbe molto più di una vendemmia salvata in calcio d’angolo, insomma, soprattutto se si è disposti ad entrare in sintonia con bianchi di stampo nordico e verticale, fatti di spigoli più che di carezze.

Probabilmente hanno cooperato virtuosamente due ordini di fattori: da una parte la naturale ricchezza strutturale del vitigno è riuscita anche in una stagione così capricciosa a compensare in varie situazioni l’eventuale deficit di calore e luminosità. Dall’altra è evidente che la componente umana ha avuto un ruolo decisivo, sia nella fase preparatoria (gestione del verde e delle rese, selezione rigorosa dei grappoli), sia nelle scelte di cantina. E’ legittimo pensare a vini “lavorati” più del solito prima della commercializzazione (mosto concentrato, malolattiche, chiarifiche, affinamenti sur lie), ma è una proiezione che regge fino a un certo punto, bottiglie alla mano. I limiti restano quelli legati alla complessità aromatica e a durezze non sempre saporite, rafforzate da acidità parzialmente sguarnite; appaiono invece casi isolati quelle letture dove si intravede un tentativo di “forzatura” del millesimo, nella forma di profili lievitosi e terpenici, residui zuccherini, grassezze costruite.

Sembra manifestarsi un’ulteriore crescita nei vigneron irpini e nei loro consulenti, perlomeno sul fronte della correttezza tecnica. Annate per molti versi meno complicate della 2013 avevano dato vita a prove assai meno esaltanti nel recente passato per il Greco di Tufo, come livello medio e punte di eccellenza. Da almeno un lustro a questa parte, invece, si fa fatica ad individuare un millesimo davvero “minore” per la denominazione irpina, la più in salute anche sul piano commerciale. Dalla 2006 in poi è un vero e proprio filotto di vendemmie dal buono in su e le uniche che soffrono il confronto sono forse quelle più calde ed asciutte come 2007 e 2011. Sono meriti che vanno riconosciuti ad un gruppo piuttosto eterogeneo di protagonisti e di opzioni stilistiche: non c’è una e una sola idea di Greco e tra i migliori esempi incontriamo bianchi di indole “moselliana” accanto ad espressioni decisamente più mediterranee e terragne, per non parlare di quelle etichette che giocano con la tempra più “rossista” del vitigno, con i suoi tannini, le sue acidità martellanti, le sue suggestioni cerealicole e speziate.

C’è naturalmente un risvolto della medaglia. Come sappiamo, la maggior parte delle aziende irpine propongono nella propria gamma perlomeno un Greco di Tufo e un Fiano di Avellino, ma tra le due denominazioni si manifesta una grande distanza nella capacità di segnalare con chiarezza il legame territoriale attraverso i rispettivi vini. In questo momento quando si affronta una panoramica ampia con i campioni più significativi del distretto (50-60 per Dop), nei Greco di Tufo è molto più facile riconoscere alla cieca la mano del produttore, lo stile, piuttosto che la provenienza geografica. Col Fiano prevale quasi il meccanismo opposto: l’interpretazione gioca la sua parte anche qui, ma bastano pochi assaggi per orientarsi a bottiglie coperte nelle principali sottozone e perfino tra singoli cru dell’areale. Forse è semplicemente una questione genetica, forse il fiano ha dalla sua una migliore capacità di leggere in maniera trasparente le diverse variabili pedoclimatiche, là dove un vitigno neutro (e con comportamenti da uva rossa) come il greco riesce a fornire maggiori informazioni sul fattore umano. Così come va ricordato che, mentre le etichette di riferimento del Fiano di Avellino sono quasi tutte ormai prodotte con uve riconducibili a zone molto circoscritte, ci sono ancora tanti Greco di Tufo realizzati attraverso blend di vigne, magari collocate in punti disomogenei. Crediamo comunque che la partita non sia chiusa una volta e per tutte e che si possa immaginare un graduale ma ambizioso percorso di sviluppo ancora più centrato sulla personalizzazione territoriale per i migliori bianchi della Valle del Sabato tufese.

Ce n’è per tutti i gusti, insomma, e con i nostri consigli per gli acquisti proviamo a rendere conto di questa stimolante variabilità stilistica. Come nella precedente occasione segnaliamo le etichette che a vario titolo ci hanno maggiormente colpito, incuriosito, coinvolto in questa fase, anche e soprattutto se guardate in prospettiva. Crediamo infatti che lo spirito dell’annata 2013 sia fotografato a pieno in quei Greco che non concedono tutto e subito, men che meno in quelli già accomodanti e risolti. La nostra “nazionale” è composta da bianchi vigorosi e inquieti, chiamati a trovare una dimensione più armonica senza fretta. Anche in considerazione del gap che ancora divide le due denominazioni irpine “cugine” sul potenziale di invecchiamento: mentre su Fiano di livello appena discreto si dà ormai per scontata una felice evoluzione almeno decennale, la propensione a viaggiare nel tempo è stata svelata dai Greco finora in maniera molto più disordinata ed episodica. Vendemmie come queste servono anche a capire meglio la questione e non mancheremo di condividere le nostre impressioni nei futuri riassaggi.

Greco di Tufo 2013 – I Consigli di Campania Stories

Cantina dei Monaci – Greco di Tufo ‘13
www.cantinadeimonaci.it

Non è da oggi che Angelo Carpenito e Maria Coppola, alias “i monaci”, plasmano bianchi di indiscussa aderenza varietale e territoriale, di indole spiccatamente nordica. Ricordiamo alcune versioni splendide del loro Fiano, prodotto in passato con uve acquistate a Lapio, ma il genius loci aziendale vibra soprattutto nel Greco proveniente dalle vigne di Santa Paolina. La 2013 si candida a diventare una delle migliori riuscite di sempre per questa piccola cantina, a partire dall’impianto aromatico limpido e fiorito, tra erbe di montagna e frutta bianca. E’ uno dei vini che in questa fase svela maggiormente il proprio passo minerale, spontaneo ed essenziale, intrecciato ad una scia malica mai aggressiva. Sui 10 euro in enoteca. [Paolo De Cristofaro]

Vadiaperti/Traerte – Greco di Tufo Tornante ‘13
www.traerte.it

Le erte tra cui si inerpicano i bianchi di Raffaele Troisi raccontano la montagna irpina nel suo lato più austero. Così questo Greco, vino scarnificato e insieme potente, verticale e insieme spigoloso. Il profilo aromatico di frutti rossi (lampone), erbe officinali e pepe bianco è quasi più quello di un nebbiolo (!) se non fosse per la nitida traccia fumé che ci riporta tra i boschi di Montefusco alta. In bocca cambia marcia senza preavviso e rivela un’energia sapida impressionante, fedele a quella asimmetria tra naso e palato che è risorsa peculiare delle migliori versioni del Greco di casa Troisi. E qui mette conto indugiare sul nome, Tornante, che con la sua cicli(sti)ca pregnanza riesce a evocare tanto la fatica dell’arrampicarsi in salita, quanto la nostalgia del ritorno (nòstos). A ben guardare, forse mai come per il 2013 il nome Tornante si rivela appropriato a questo vino di Raffaele. Io ci ritrovo la vitalità scalpitante di un grimpeur impaziente di alzarsi sui pedali per aggredire la salita, ma anche tutta la malinconia di un’indole ombrosa e inquieta, irpina fino al midollo. È un bianco per i tifosi di Pantani e per i lettori di Arminio: non semplicemente un vino teso, ma l’epitome della tensione gustativa. Sui 20 euro in enoteca. [Giampaolo Gravina]

Benito Ferrara – Greco di Tufo Vigna Cicogna ‘13
www.benitoferrara.it

Niente di nuovo, potrei dire, scrivendo del cru Tufese di Gabriella Ferrara e della sua capacità di essere tra le migliori espressioni di Greco anche nella vendemmia 2013. Un vino ancora più verticale di quelli a cui siamo stati abituati nelle ultime vendemmie, soprattutto a partire dalla 2008 in poi, la versione della “svolta” rispetto all’impostazione quasi da raccolta tardiva con cui il Vigna Cicogna si era fatto conoscere precedentemente. Nel bouquet si alternano note gialle, di agrumi e fini tratti verdi di erbe aromatiche, la bocca è più misurata rispetto ad altre annate, ma vive su ritmo, tensione e sale: una progressione tutta granita e mojito. Il tempo gli darà anche maggiore distensione. Intorno ai 15 euro in enoteca. [Mauro Erro]

Montesole – Greco di Tufo Vigna Breccia ‘13
www.montesole.it

Ci ripetiamo: la corazzata di Montefusco, guidata da Rosa Pesa, Sabina Gubitosa e Giovanni De Santis, con la collaborazione di Michele D’Argenio, ha decisamente cambiato marcia nelle ultime stagioni. Dopo il Vigna Zampino raccontato nello speciale sui bianchi da Falanghina 2013, ecco nel primo gruppo di merito anche il Vigna Breccia, cru di Greco prodotto nell’omonima parcella di Montefusco. Impronta cerealicola e solare, tra mais tostato, grano arso, percoca matura, coniuga forza materica e carattere, cedendo qualcosa solo nel finale per effetto di un’acidità appena cruda e scoperta. Sui 12 euro in enoteca. [Paolo De Cristofaro]

Pietracupa – Greco di Tufo ‘13
pietracupa@email.it

Il riflesso verdeoro annuncia una straordinaria personalità aromatica: mandorla e lavanda, tracce agrumate e minerali si rimescolano in un caleidoscopio di cangiante vitalità, che genera senza tregua suggestioni e sfumature olfattive. La bocca è un incanto di freschezza e sapidità, energia e dettagli. E alimenta una voglia di bere pericolosamente incline a degenerare in gioia di vivere. Ma non chiedetegli prova di quella fibrosità da quasi-rosso che pure costituisce una specifica prerogativa della varietà. Questo bianco è dritto come un Riesling della Mosella, elegante e purissimo nella sua succosità, con un finale slanciato, di lunghezza e persistenza esagerate. A mio giudizio si tratta con ogni evidenza di un fuoriclasse assoluto, di uno dei vertici di sempre per la tipologia. E mi piace immaginare la sua candidatura a bianco dell’anno sotto il segno della nozione di ritmo. Del resto, come direbbe Jannacci, «chi ha perso il ritmo si deve ritirare […] chi non sa stare a tempo, prego andare» Sui 15 euro in enoteca. [Giampaolo Gravina]

Tenuta Ponte – Greco di Tufo ‘13
www.tenutaponte.it

Da questa realtà ubicata a Luogosano, composta da cinque soci e guidata da Alessandro Di Stasio, nelle ultime annate vengono commercializzati vini sempre più centrati e competitivi, si tratti di rossi o di bianchi, di vitigni che si definiscono nobili come aglianico e fiano, ma anche da quelli ritenuti minori come la coda di volpe. Quanto al Greco, ecco una versione che ne mostra la versatilità: vino di sostanza e fibra, a cui manca forse quel quid di personalità, ma capace di essere composto e solido. Naso solare e di frutta fresca, bocca di buona sostanza ma appena rigida nel finale, dove manca, forse, solo l’affondo decisivo. Intorno ai 10 euro in enoteca. [Mauro Erro]

Feudi di San Gregorio – Greco di Tufo Cutizzi ‘13
www.feudi.it

Colorazioni aromatiche bianco-verdi, tra mela annurca, muschio, aghi di pino, sviluppo gustativo tutto in sottrazione, decisamente sulle durezze, senza ridondanze gliceriche o fermentative. Con appunti di degustazione del genere, qualche anno fa ci saremmo molto meravigliati vedendo spuntare dal sacchetto un’etichetta come il Greco di Tufo Cutizzi di Feudi di San Gregorio. Ma è uno stupore possibile oggi solo per chi non ha avuto modo di seguire il nuovo corso stilistico intrapreso dalla grande cantina di Sorbo Serpico, visibile sui bianchi almeno dal 2010-2011. E’ un gradino sotto alla notevole versione ’12, ma anche in questo caso si tratta di un Cutizzi perfettamente a proprio agio accanto ad interpretazioni teoricamente più “artigianali”. Sui 12 euro in enoteca. [Paolo De Cristofaro]

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L'Autore

Gravina-Erro-De Cristofaro

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