Fiano - Montefredane (AV)

Bianchi Campani 2013 #3: Fiano di Avellino

La terza puntata dello speciale sui Bianchi Campani 2013 è dedicata ai Fiano di Avellino (clicca qui per l’approfondimento sulla denominazione), dopo quelle focalizzate sui vini da Falanghina (link) e sui Greco di Tufo (link).

Ed è una storia piuttosto diversa, quella che si profila fin dalla vendemmia, rispetto a quanto raccontato finora. Date le sue particolari caratteristiche genetiche e colturali, infatti, il fiano è senza dubbio la varietà campana che meno ha risentito delle difficoltà legate al meteo capriccioso del 2013 (clicca qui per la scheda sugli aspetti climatici e agronomici dell’annata).

Un quadro per molti versi speculare rispetto a quanto avevamo sottolineato a proposito delle uve greco: girando per le campagne irpine nei giorni di raccolta, o immediatamente precedenti, abbiamo avuto modo di registrare un ottimo stato sanitario delle vigne coltivate a fiano in quasi tutte le aree della denominazione. Uve regolarmente piene, integre, profumate, in rari casi attaccate da muffe o eccessivamente dorate, grazie alla buccia tenace del vitigno, alla sua elevata resistenza a peronospora e botrytis, alla sua capacità di tenere la maturazione in pianta senza crolli improvvisi di acidità. E’ stata una raccolta molto lunga, protrattasi in alcune zone fino alla prima settimana di novembre: un’attesa nei fatti impossibile per altre varietà molto più sensibili al clima fresco e umido che ha caratterizzato l’inizio di autunno campano. Nonostante la fisiologica prudenza, i vignerons e i tecnici operanti in provincia si sono trovati fin da subito concordi nel considerare la 2013 un’annata positiva per il fiano, sia “in generale” che, soprattutto, nell’abituale confronto col greco.

Una distanza tra i due vitigni non così facile da cogliere, bottiglie alla mano, almeno in questa fase. Per una serie di ragioni:

1) il fiano irpino è tendenzialmente un peso medio-leggero a livello di struttura, mentre il Greco, almeno nelle zone e nelle vendemmie più vocate, riesce facilmente a raggiungere dotazioni estrattive paragonabili a quelle di certi vini rossi di buon corpo. In un millesimo tutto sommato sottile come il 2013 non è certo sul volume e la spalla che i migliori Fiano si giocano le proprie carte migliori;

2) tra le principali tipologie bianche della regione, il fiano è senza dubbio quella che soffre maggiormente la fase a ridosso dell’imbottigliamento. A differenza di quello che accade con quelli a base greco e falanghina, sono vini che hanno bisogno di settimane, a volte mesi, per ricomporsi ed amalgamarsi nelle loro componenti. In questo senso gli assaggi da vasca si rivelano molte volte più significativi rispetto a quelli dei “campioni definitivi”, che appaiono quasi irriconoscibili prima di un adeguato affinamento in bottiglia. I profili aromatici tendono a restringersi e banalizzarsi, le componenti primarie e fermentative si pongono in primo piano, mentre finiscono quasi per nascondersi quelle più sfaccettate e territoriali di tipo minerale e balsamico. I vini sembrano perdere di sapore, appaiono più semplici e diluiti, scissi e taglienti di quanto non lo siano in realtà. E’ come se si “spogliassero” prima di recuperare la fisionomia originale: un meccanismo che si accentua nettamente in annate come la 2013. Man mano che passano le settimane dopo l’imbottigliamento, i migliori Fiano ritrovano gradualmente armonia, forza sapida e ampiezza, ma soprattutto sembrano quasi “mettere ciccia”, andando a riempire quel centro bocca apparentemente fin troppo snello in partenza.

3) ci vuole molta esperienza, e spesso non è sufficiente nemmeno quella, per leggere in prospettiva la nuova annata del Fiano tra la primavera e l’estate successiva alla vendemmia. Quella in cui, tra l’altro, viene effettuata la maggior parte degli assaggi per guide, pubblicazioni, ma anche per la definizione degli acquisti. L’errore di sopravvalutazione o sottovalutazione è sempre dietro l’angolo, molto più di quanto accada con Greco e Falanghina, che tendono a dare risultati più omogenei nelle valutazioni di un medesimo panel a distanza di qualche mese. Produttori e addetti ai lavori sono ormai unanimemente convinti che il primo momento davvero utile e affidabile per delineare una gerarchia delle diverse uscite sia quello che si accavalla alla nuova vendemmia, tra ottobre e novembre. Purtroppo o per fortuna, a seconda dei punti di vista, la maggior parte dei Fiano di Avellino viene comunque commercializzata in una fase precedente, non più tardi di giugno e addirittura a inizio marzo per i “base” delle grandi aziende. Aumenta sensibilmente il gruppo di etichette presentate sul mercato ad almeno un anno dalla vendemmia, ma sono spesso cru e selezioni tirate in poche migliaia di esemplari, che rappresentano una quota residuale dei volumi rivendicati attraverso la denominazione.

Più di ogni considerazione sull’annata e sulle singole riuscite, insomma, il punto centrale resta l’eccessiva fretta con cui vengono commercializzati, valutati e consumati questi vini. Sul potenziale di longevità del Fiano di Avellino, anche di quelli più “normali”, non c’è più alcun dubbio, eppure soltanto pochi appassionati ed operatori hanno realmente compreso che per goderli a pieno in tutta la loro intensità emozionale serve tanta pazienza. Solo a partire dal quarto-quinto anno in bottiglia i migliori Fiano cominciano a trovare un equilibrio autorevole tra l’esuberanza quasi terpenica del frutto e i contrappunti più complessi iodati e affumicati. E per i millesimi più scalpitanti è una finestra di attesa che va ulteriormente allungata.

Istruzioni per l’uso ispirate non tanto e non solo da “super selezioni” e cru di livello superiore, ma da un’ampia serie di etichette nate senza alcuna ambizione di essere stappate a distanza di lustri eppure ritrovate regolarmente in perfetta forma ad ogni verifica. Chi ha avuto modo di assaggiare recentemente i Fiano “base” di Mastroberardino o Feudi di San Gregorio usciti nella prima metà degli anni ’90 sa di cosa stiamo parlando.

Un’altra questione che emerge in tutta la sua urgenza nella ricognizione sul nuovo millesimo è quella relativa all’eterogeneità stilistica e territoriale. Ne abbiamo già parlato qui (link) e non ci ripetiamo, ma è ormai fin troppo evidente quanto sia fondamentale individuare degli strumenti che aiutino il consumatore meno formato a districarsi tra espressioni così diverse tra loro. Non esiste IL Fiano, al singolare, ma tante declinazioni quante sono le numerose sottozone, macroaree, colline, ubicate in ben ventisei comuni della provincia di Avellino. Gli appassionati più attenti e curiosi conoscono ormai le aziende più rappresentative e hanno imparato a collocarle in rapporto ai versanti, alle altitudini, alle tipologie di terreni, e così via. Ma chi non padroneggia questo livello di approfondimento continua ad avere molta difficoltà anche solo a concepire che nella stessa annata si possano cercare Fiano adatti a specifici gusti, sensibilità, abbinamenti, occasioni, finestre di consumo.

Uno scenario con implicazioni importanti anche dal punto di vista critico e valutativo, specialmente se considerate con gli occhi di un operatore straniero, magari attivo a migliaia di chilometri dalla Campania. Chi cerca informazioni sulle nuove annate in Borgogna non si aspetta di trovare un report unico, valido per tutti i comuni e climat. Si rivelano molto più utili, infatti, dati ed indicazioni che di volta in volta spiegano quello che è accaduto a Meursault, Puligny, Aloxe-Corton, e così via. Così come nessuno si sognerebbe di validare un solo generico focus “Loira” senza entrare nel dettaglio delle singole risposte territoriali a Vouvray, Savennières, Sancerre, eccetera. Stesso discorso per Mosella, Saar e Ruwer. Credo che ci siamo capiti: il Fiano di Avellino ha tutte le carte in regola per giocare ad alti livelli nella Champion’s League del bianco europeo, ma senza questa prospettiva sarà sempre inquadrato come un outsider più che come un protagonista di prima fascia.

Eppure proprio stagioni difficili come la 2013 spiegano meglio di tante parole che una grande vendemmia a Lapio, per esempio, non lo è necessariamente a Montefredane, o viceversa. Ma soprattutto aiutano a capire la scarsa efficacia di paragoni e classifiche tra zone nei fatti inconfrontabili, che in comune hanno soltanto l’utilizzo dello stesso vitigno e di un protocollo di vinificazione tutto sommato simile. Logiche poco più che campanilistiche, che possono soltanto disorientare ulteriormente gli appassionati: che senso ha, del resto, un raffronto in termini di “meglio-peggio” quando hai davanti un Fiano coltivato su sabbia a 300 metri e un altro che nasce ad oltre 600 metri su roccia viva? Senza parlare delle differenze di esposizioni, epoche di raccolta, valori analitici delle materie prime, che vanno ad incidere in maniera molto forte nel range espressivo di ciascun millesimo e meritano di essere tenute in debita considerazione.

Se gli aspetti temporali e geografici restano al centro della nostra riflessione, anche in questa occasione non rinunciamo a proporre un piccolo percorso di viaggio in forma di bottiglie. I nostri consigli per gli acquisti prendono forma nell’ottica di una vendemmia a lunga gittata, che saprà secondo noi premiare i meno frettolosi. Come sottolineato già nei precedenti focus, anche per il Fiano di Avellino la 2013 non soddisferà probabilmente coloro che cercano in questi bianchi volume, dolcezza ed equilibrio fin da subito. Chi invece non ha problemi con acidità mordenti, sferzate citrine e progressioni gustative che fanno leva sullo scheletro più che sulle carezze gliceriche, avrà modo di divertirsi eccome, specialmente nei prossimi mesi, quando i vini troveranno maggiore armonia e definizione in bottiglia.

Mancano naturalmente all’appello molte etichette prestigiose di alcuni degli interpeti più talentuosi, che andranno in commercio tra l’autunno e la primavera prossimi. Ma tra quelli già inseriti nelle carte di enoteche e ristoranti ce ne sono diverse che meritano di essere testate e reperite per un’opportuna scorta. Se amate come noi i bianchi invecchiati, non vi lascerete sfuggire i migliori Fiano 2013, tenendoli da parte senza tanti pensieri per sorprendervi anche tra un paio di lustri. Una proiezione che ricaviamo dalla prima orizzontale significativa come dalle indicazioni emerse da una serie di retrospettive su annate dal profilo simile. Per quanto si tratti di una vendemmia di caratura superiore, ad esempio, i Fiano del 2010 non erano così diversi dai 2013 assaggiati nella stessa fase. Ma ci viene in mente qualche parallelismo anche con la 2006, sicuramente più calda ma con un andamento sovrapponibile tra la seconda metà di agosto e la fine di settembre, che ha generato dei Fiano di magnifica evoluzione, ancora molto integri e brillanti oggi. Nei 2013 meno interessanti emerge un carattere che li avvicina maggiormente a certi 2002, ancora in forma ma comunque troppo semplici e sguarniti rispetto alle migliori annate, o ad alcuni 2004, millesimo rivelatosi nel tempo per molti versi inferiore alle attese, con tanti vini già decisamente scollinati.

Solo nei prossimi mesi potremo delineare dunque un quadro più affidabile e completo, ma siamo pronti a scommettere sulla piccola riserva di Fiano 2013 che già figura nella nostra lista della spesa e che vogliamo come sempre condividere con voi.

Fiano di Avellino 2013 – I Consigli di Campania Stories

Le Masciare – Fiano di Avellino ‘13
www.lemasciare.com

I ricordi di fiori e ginepro, pepe bianco ed erbe officinali, disegnano i tratti di un paesaggio aromatico invitante e originale; al palato gioca di fioretto e rivela una delicata armonia di dolcezza e sapidità: forse non ha il volume né l’espansione del sorprendente esordio nella versione 2012 (battezzata con il nome di fantasia Anbra, che qui è sparito) ma conserva in ogni caso una succosità di marca fruttata molto ben definita e coinvolgente. E conferma l’ottimo lavoro di questa azienda con cantina a Paternopoli (ma le vigne di Fiano sono a Lapìo), base logistica a Ostia, e con un singolare assetto societario irpino/sardo/olandese, che di per sé è già un efficace antidoto al provincialismo “campanilista”. Ne sentiremo parlare. Sugli 8 euro in enoteca. [Giampaolo Gravina]

Colli di Lapio – Fiano di Avellino ‘13
www.collidilapio.it

Un’eccezione, anzi due, per l’azienda di Clelia Romano, la cantina che più di altre ha associato il proprio nome al paese di Lapìo, cru per eccellenza della denominazione. E di cui rappresenta da ormai vent’anni un esempio paradigmatico di continuità negli standard qualitativi, in particolare con questa etichetta che la distingue. La prima eccezione: è il fiano più aperto e disponibile al naso nella batteria dei 2013, dove si evidenziano, oltre alle note più fresche e giovani, già i classici richiami alla farina di castagne e al lampone. La seconda: alla bocca è tutta ‘nata storia, come avrebbe sintetizzato Pino Daniele. Un vino nervoso, stretto, innervato di un’energia acida linfatica che lo insaporisce allungandone il finale. Un buon passo in avanti, dopo alcune versioni meno convincenti del solito. Sui 15 euro in enoteca. [Mauro Erro]

I Favati – Fiano di Avellino Pietramara Etichetta Nera ‘13
www.cantineifavati.it

I Fiano de I Favati, i fratelli Piersabino e Giancarlo con la moglie Rosanna Petrozziello, sono sempre opzioni privilegiate per spiegare i caratteri espressivi e territoriali del quadrante sud. La cantina è a Cesinali, mentre Pietramara è un toponimo della parte più acclive e boscosa di Atripalda, da cui nascono sia l’Etichetta Nera che l’Etichetta Bianca, in genere prodotta con l’ultima raccolta e con una macerazione a freddo prima della lunga sosta in acciaio sur lie. Anche nella 2013 le nostre preferenze, almeno in questa fase, vanno al “base”: mineralità scura e affumicata, tocchi linfatici, arbusti mediterranei, non presenta picchi di intensità gustativa e grinta ma conserva per tutto il sorso una splendida e coerente misura. Vitale e brillante, il finale è all’insegna degli agrumi e degli infusi di erbe: uno dei più definiti e disponibili al momento, vale la pena di stapparlo anche adesso. Sui 10 euro in enoteca. [Paolo De Cristofaro]

Vigne Guadagno – Fiano di Avellino ‘13
www.vigneguadagno.it

L’espressività aromatica è “ariosa”, luminosa: una finestra aperta su un prato d’erba, un gelato alla nocciola in un pomeriggio di tarda primavera, insomma tutto il registro più coinvolgente e meno ombroso del Fiano; in bocca lo sfondo di note agrumate dà rilievo al sorso e prepara uno sviluppo tutto giocato sulla freschezza, spigliato e coinvolgente, dove la buccia d’agrume è arricchita da ritorni di ortica, che abbiamo imparato a riconoscere come una delle voci più tipiche e riconoscibili del terroir di Montefredane. C’è un lato più tenero e disponibile a centro bocca, ma il finale è pimpante e la sapidità rilascia un’intensa persistenza aromatica che ne conferma la felicità espressiva: piacerà a molti. Sui 10 euro in enoteca. [Giampaolo Gravina]

Pietracupa – Fiano di Avellino ‘13
pietracupa@email.it

Se, come è stato scritto, trovarsi in questo momento di fronte a una batteria di Fiano targati 2013 può farti sentire inadeguato, in questo caso ci si deve calare quasi nei panni del mago di Arcella più che in quelli del provetto degustatore. Se proprio ci si vuole sbilanciare sulla annata partendo dal vino di Sabino Loffredo. Un fiano per cui spesso si è usato il termine fintosemplice nel descriverlo, quindi immaginate come possa essere al momento. Raccolto, solare e austero al tempo stesso, il suo ampio arco olfattivo (da sensazioni di agrumi verdi sino a note di fiori di campo con echi marini) è un abbozzo, un’idea da ricercare tra le pieghe del vino. Sensazione che si accentua al palato, dove l’energia è ancora compressa, il vino nervoso, la distensione del sorso e il finale elettrico qualcosa da attendere. Non manca il marchio di fabbrica: i ricami retro-olfattivi, segno della grande capacità tecnica di Sabino Loffredo e delle sue interpretazioni. Sui 13 euro in enoteca. [Mauro Erro]

Tenuta Ponte – Fiano di Avellino ‘13
www.tenutaponte.it

Gran bella accoppiata di bianchi irpini, quella proposta con le ultime uscite da Alessandro Di Stasio e soci, alias Tenuta Ponte di Luogosano. Realizzato come sempre con uve acquistate a Lapio, il Fiano ’13 tiene fede alla sua provenienza grazie alle sensazioni acute e luminose di ananas e pesca bianca, salvia e timo, non particolarmente complesse ma di sorprendente tenuta all’ossigeno. Al palato sono ancora più prepotenti le suggestioni da vino di montagna: sottile ma progressivo, leggero ma martellante nell’apporto citrino e salino, chiude arioso e solare sulla buccia di cedro. Accontenterà sensibilità molto diverse. Intorno ai 10 euro in enoteca. [Paolo De Cristofaro]

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L'Autore

Gravina-Erro-De Cristofaro

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