La penultima puntata del nostro speciale sui Bianchi Campani del 2013 è dedicata alle altre zone e tipologie finora toccate solo “lateralmente” nel post introduttivo, quello in cui abbiamo provato ad inquadrare gli aspetti climatici ed agronomici dell’annata (link).
Non ci ripetiamo e andiamo subito nel dettaglio di quanto accaduto in regione per i cosiddetti vitigni minori e per le aree che non abbiamo trattato nei precedenti focus, quelli sui bianchi 2013 da Falanghina (link), sui Greco di Tufo (link) e sui Fiano di Avellino (link).
Provincia di Caserta
Come abbiamo più volte sottolineato, i bianchi occupano una quota piuttosto marginale nel distretto produttivo casertano, destinata soprattutto alla falanghina nel triangolo Falerno-Galluccio-Roccamonfina.
Per quanto riguarda le altre tipologie, non abbiamo avuto modo di assaggiare etichette rivendicate attraverso la denominazione Aversa (o Asprinio d’Aversa), mentre il piccolo gruppo dei Pallagrello Bianco provenienti dall’area delle Colline Caiatine conferma in buona parte le impressioni ricavate negli ultimi anni. Ci si attendeva buone cose da una vendemmia come la 2013, sulla carta favorevole per un vitigno che spesso deve fare i conti con tenori alcolici importanti, aromaticità ricche e mature, acidità di partenza contenute, specie se rapportate a quelle delle altri principali varietà campane. Promesse mantenute fino ad un certo punto, per limiti da cercare secondo noi non tanto nel millesimo quanto in un contesto stilistico ed interpretativo ancora alla ricerca di una sua chiara identità. Fatta salva la correttezza tecnica, nella maggior parte dei casi manca quel carattere rigoglioso e mediterraneo che può rendere il Pallagrello Bianco “complementare” rispetto a Falanghina, Fiano e Greco. I vini più freschi ed equilibrati sono anche quelli che appaiono in qualche modo più “confezionati”, ma non convincono a pieno – almeno per il momento – nemmeno quelle interpretazioni che provano a percorrere percorsi viticoli ed enologici completamente diversi. Salvo eccezioni, naturalmente.
Provincia di Napoli
Siamo sempre più convinti che il comprensorio partenopeo sia uno dei più dinamici in regione. Merito soprattutto del lavoro portato avanti nei Campi Flegrei, su cui torneremo nell’ultima puntata dedicata alle uscite ritardate dei Bianchi 2012. Ma segnali incoraggianti arrivano anche dal Vesuvio, specialmente con i vini a base caprettone, ogni anno più interessanti per la loro capacità di restituire i tratti vulcanici del terroir in un profilo orizzontale e saporito. La 2013 favorisce un ulteriore passo in avanti da questo punto di vista: le etichette degne di attenzione aumentano e la freschezza del millesimo si fa sentire in termini di agilità e di scatto nelle migliori riuscite.
Nella nostra ricognizione manca purtroppo un pezzo importante: non siamo riusciti ad assaggiare se non in maniera isolata e sporadica i bianchi del 2013 prodotti a Ischia e a Capri. Sappiamo tutti quanto sia diventato complicato negli ultimi quarant’anni fare vino sulle due isole più importanti dell’arcipelago campano e i numeri da questo punto di vista non mentono. E’ sufficiente ricordare che negli anni ’60 ad Ischia erano censiti quasi 2.000 ettari di vigna, mentre oggi siamo intorno ai 350 con ulteriore tendenza al ribasso. E a Capri la situazione è perfino peggiore: esaurita l’esperienza di Tiberio e La Caprense, è rimasto soltanto qualche piccolo artigiano a tenere in vita la tradizione produttiva sull’isola dei faraglioni. Più che un ragionamento, dunque, il nostro è un auspicio: che possa pian piano riformarsi un vero distretto tra Ischia e Capri, accrescendo le ambizioni delle poche realtà attualmente attive, che al momento sono Casa d’Ambra, La Pietra di Tommasone, Cenatiempo, Giardini Arimei, e poco altro.
Provincia di Benevento
Nel post sui bianchi da Falanghina non abbiamo nascosto un certo ottimismo sulla crescita della vitienologia sannita, segnalata proprio attraverso i bianchi prodotti con il suo vitigno più coltivato. Assai meno brillante appare tuttavia il quadro se ci soffermiamo sugli altri bianchi proposti dalle cantine beneventane: negli ultimi anni sono aumentate le superfici destinate a fiano e greco, ma i vini prodotti con queste varietà restano piuttosto distanti dai “cugini” irpini, sia in termini di qualità media che di punte caratteriali. Né arrivano particolari spunti da quelli a base coda di volpe o dagli uvaggi ancora presenti nelle gamme, specie nell’area di Solopaca. Il concetto stesso di annata appare secondario su queste tipologie, sicuramente importanti da un punto di vista strategico-commerciale, ma raramente messe al centro di ambiziosi progetti viticoli e stilistici. Per le migliori aziende del Beneventano i bianchi di punta restano quelli a base Falanghina e forse questa evidenza sintetizza la situazione meglio di tante parole.
Provincia di Avellino
Bianchi irpini vuol dire prima di tutto Greco di Tufo e Fiano di Avellino, su cui ci siamo ampiamente soffermati e su cui torneremo per segnalare i migliori 2012 “ritardatari”. E per il resto? In attesa che si manifesti un vero carattere “avellinese” nei bianchi da Falanghina coltivati in provincia e non semplicemente acquistati nel Sannio, le alternative migliori vanno cercate soprattutto in quelli a base Coda di Volpe. I 2013 più riusciti scontano qualcosa in termini di fittezza e intensità, ma si rivelano pimpanti e gustosi: c’è da divertirsi, insomma, e davanti a vini come il Torama di Traerte-Vadiaperti non viene di certo in mente l’espressione “vitigno minore”.
Provincia di Salerno
Come sappiamo, la vocazione bianchista della provincia di Salerno si manifesta essenzialmente attraverso due poli produttivi, la Costa d’Amalfi (e relative sottozone) e il Cilento, con i suoi mille rigagnoli.
Nonostante le difficili condizioni produttive e le poche aziende operanti, le terrazze strappate alla roccia di Furore, Ravello e Tramonti si confermano humus per bianchi originali, prodotti quasi sempre con varietà tradizionali (e spesso molto rare) come biancolella, biancazita, ripoli, fenile, ginestra, pepella e tante altre. Vini che hanno nel loro dna la capacità, unica nello scacchiere campano, di restituire una tempra “mare e monti”, tenendo insieme atmosfere mediterranee con profili aromatici e gustativi decisamente più “nordici”. Anche in considerazione del fatto che alcune delle migliori parcelle si posizionano ad altitudini comprese tra i 400 e i 600 metri. Ci aspettavamo qualcosa di più dalla vendemmia 2013, evidentemente fin troppo fresca e capricciosa in rapporto alle premesse viticole, ma fatta la tara all’annata, la Costa d’Amalfi resta un luogo molto divertente per gli appassionati più curiosi ed esigenti.
Appare meno compiuto, invece, il percorso di crescita nel vasto ed eterogeneo territorio che si apre a sud del capoluogo Salerno, tra i Colli Picentini e le varie zone del Cilento, dove la produzione bianchista si affida per numeri e ambizioni soprattutto al vitigno Fiano. Vale un po’ il discorso fatto a proposito dei Pallagrello Bianco: il millesimo 2013 indubbiamente ha aiutato le aree più calde e precoci, ma alcune delle etichette più conosciute ed apprezzate (prima di tutto da noi) soffrono il confronto con i rispettivi 2012, sulla carta originati da una stagione più difficile. Maggiore freschezza non vuol dire automaticamente, infatti, completezza e profondità, anzi: chi scegli un fiano picentino o cilentano non si aspetta di trovare le sferzate citrine e minerali a cui siamo abituati nelle zone interne, ma una solarità saporita incontrata solo raramente nel tasting. C’è da dire che in questi ultimi anni la stessa geografia del vino salernitano sta cambiando profondamente, con nuovi importanti progetti viticoli nati in territori in buona parte vergini. Se il nucleo “storico” resta quello dislocato tra Castellabate, Agropoli, Prignano e Rutino, l’asse si sposta gradualmente verso le montagne e verso sud. Su Enogea 56 (link), tra pochi giorni in distribuzione, ci occupiamo di queste e altre tematiche attraverso un ampio focus a cui rimandiamo chi fosse interessato ad ulteriori approfondimenti.
Gli altri Bianchi Campani 2013 – I Consigli di Campania Stories
Terre del Principe – Pallagrello Bianco Fontanavigna ‘13
www.terredelprincipe.com
Il Fontanavigna è senza dubbio una delle etichette più costanti nella gamma di Peppe Mancini e Manuela Piancastelli e la versione 2013 non fa eccezione. Pesca gialla, nocciola fresca, striature balsamiche, qualche impressione dolcemente fermentativa si fa sentire con maggiore forza al palato, ma l’impostazione resta sobria ed equilibrata nello scheletro acido e salino. Sui 15 euro in enoteca. [Paolo De Cristofaro]
I Cacciagalli – Zagreo 2013
www.icacciagalli.it
Il nuovo nato dell’azienda di Diana Iannaccone e Mario Basco è un bianco da uve fiano fermentato e macerato in anfora. Il riflesso color giallo oro è insieme luminoso e velato e i profumi di succo di mela richiamano la coinvolgente selvatichezza delle erbe spontanee; corroborando le suggestioni aromatiche, anche l’attacco di bocca esprime una sbrigliata vitalità del sapore senza restare frenato da nessuna rugosità tannica, e il sorso pulisce il palato lasciando una persistente armonia gustativa, molto calibrata nel fondere i richiami di cereali e frutta (pere, nespole) con un originale corredo speziato. Sui 15 euro in enoteca. [Giampaolo Gravina]
Sorrentino – Vesuvio Lacryma Christi Bianco Vigna Lapillo ‘13
www.sorrentinovini.com
La nota di merito per la famiglia Sorrentino è duplice. Innanzitutto per il lavoro svolto da circa 30 anni in una denominazione difficile. In seconda battuta per la proposta qualitativa, forse un po’ troppo frammentata in così tante etichette, ma di affidabilità certa e qualità consolidata. Il Vigna Lapillo, poi, Bianco (e Rosato *) è il biglietto da visita che meglio riassume il lavoro svolto e il territorio presidiato. Sapido, elettrico, saporito, ha un bouquet non solo minerale ma variopinto. Preciso e sfumato nel finale di bocca, anche in un’annata non semplice che toglie qualcosa nel peso, ma la restituisce in termini di godibilità a tavola. E non è poco. Sui 13 euro in enoteca. [Mauro Erro]
Cantine Olivella – Katà Catalanesca 2013
www.cantineolivella.com
L’impasto dei profumi è amalgamato con armonia, le note di torba e cereali appaiono ben integrate nella freschezza erbacea, bocca saporita, tonica, dal gusto originale benché, forse, un po’ monocorde. Sui 10 euro in enoteca.
Casa D’Ambra – Ischia Biancolella Tenuta Frassitelli 2013
A ogni nuova versione di Frassitelli il pensiero corre a Gino Veronelli, che trent’anni fa ebbe per primo l’intuizione di vinificarne separatamente le uve, per valorizzarne la peculiare dignità di cru. Uve che provengono da due diversi vigneti: uno a Tifeo, piantato negli anni ’60 intorno a quota 400 metri sul modello dell’alberello alcamese (poi variato in potatura a guyot); e l’altro a Pietra Martone (550 metri) interamente ripiantato a guyot nel 1998. I suoli tufacei dal colore verdastro, tipici del Monte Epomeo, garantiscono un ottimo drenaggio e l’assetto geologico rivela molti punti di contatto con i Campi Flegrei, con potassio e magnesio in abbondanza, ma pochissimo azoto. Se la 2012 si era rivelata anche a Ischia un’annata scarsa in quantità e molto siccitosa, i diversi equilibri della vendemmia 2013 propiziano qui una definizione più modulata della traccia aromatica, dove i rimandi a note di erbe e fiori (immancabile il riferimento alla ginestra) comunicano un’invitante sensazione di freschezza. L’attacco di bocca è di buon contrasto, vitalizzato da rilanci agrumati, e la lunga scia sapida rende il finale reattivo e promettente. Sui 15 euro in enoteca. [Giampaolo Gravina]
Cenatiempo – Ischia Forastera 2013
www.vinicenatiempo.it
Sotto la coltre riduttiva, legata anche alla solforosa di imbottigliamento, si coglie una vena floreale nitida e definita. La bocca è tonica, riesce a cambiare passo svelando succo e sale, una silhouette snella e un finale reattivo. Sui 10 euro in enoteca.
Ocone – Sannio Coda di Volpe Taburno Cerere 2013
www.oconevini.it
Giallo oro luminoso, coinvolgente vitalità agrumata, palato di bella salinità, rinfrescante e ritmato. Intorno agli 8 euro in enoteca.
Traerte – Irpinia Coda di Volpe Torama ‘13
info@traerte.it
Raffaele Troisi è da sempre un fan dichiarato della coda di volpe, vitigno su cui ha dedicato tante attenzioni fin dal suo ingresso a tempo pieno nell’azienda di famiglia, datato 1993. Tra i primi a vinificarla in purezza, con la vecchia nuova avventura di Traerte ha fortemente voluto una filiera completa dedicata al vitigno, che parte dallo Spumante e arriva alla grappa, passando per un “base” e una selezione prodotta da una vigna di Pietradefusi, che deve il suo nome ad un particolare tipo di argilla, chiamata “torama” dai contadini della zona. Un vino che nelle ultime stagioni se la batte regolarmente con i migliori fiano e greco irpini, senza alcun complesso di inferiorità: la 2013 appare in questo senso come una sorta di sequel della storia narrata con lo splendido 2012, naturalmente diverso in rapporto all’andamento climatico ma in tutto e per tutto “fratello” da un punto di vista stilistico. Fragrante, affilato, profondo, le note di testa sono affidate al limoncino e alle erbe officinali, riproposte e perfino amplificate nel lungo finale di bocca, asciutto, saporito, con volume da grande Greco. Sui 20 euro in enoteca. [Paolo De Cristofaro]
Tenuta San Francesco – Costa d’Amalfi Tramonti Bianco ‘13
www.vinitenutasanfrancesco.it
La premessa al racconto di questo vino, che fa da trait d’union con il Vigna Lapillo dei Sorrentino, è il consulente in cantina Carmine Valentino. Al di là del gioco di rima involontario: è il suo modo di interpretare i vini, i bianchi soprattutto, con molta semplicità e discrezione che ci permette di guardare al territorio e al pensiero di chi lo interpreta. In questo caso il tenace Gaetano Bove, che ha creato con Vincenzo D’Avino e Luigi Giordano questa bella azienda a Tramonti, piccolo paese interno della costiera amalfitana che vale il viaggio. Ed in questo caso, nel bicchiere c’è più “carne” rispetto al Vigna Lapillo citato, ma anche meno dettaglio; un vino che gioca le sue carte sull’immediatezza: un mediterraneo solare fatto di agrumi, fiori ed eucalipto. Intorno agli 11 euro in enoteca. [Mauro Erro]
De Conciliis – Donnaluna Fiano ‘13
www.viticoltorideconciliis.it
Il profilo aromatico è coinvolgente e respira un’intensa luce mediterranea, che lascia cogliere ricordi di fiori di cappero su un fondo di lime e melone bianco; gli fa eco in bocca un tocco di macerazione molto ben dosata, ma il tatto delicatamente buccioso non si traduce in sensazioni tanniche e l’indole artigiana non appesantisce lo sviluppo, anzi: conserva alla beva una succosità immediata e alimenta un crescendo di naturalezza espressiva, con la scodata salina che rilascia contrasto e brillantezza al finale. Con ogni probabilità, una delle più riuscite versioni di sempre. Sui 13 euro in enoteca. [Giampaolo Gravina]