Dopo l’apertura dedicata al Piedirosso, il secondo seminario-degustazione programmato all’interno di Campania Stories I Vini Rossi – Edizione 2014 (prima tappa al Grand Hotel Parker’s di Napoli) prevedeva un focus sul Pallagrello Nero e il Casavecchia. Un approfondimento che aveva il compito di chiudere la finestra didattica riservata ai vitigni tradizionali di quell’area della provincia di Caserta alla quale ci riferiamo per brevità come Colline Caiatine e Matesine, già protagonista lo scorso novembre, con il laboratorio sul Pallagrello Bianco inserito nella rassegna Campania Stories I Vini Bianchi.
Pallagrello e Casavecchia: sempre in coppia come Fiano e Greco, Barolo e Barbaresco, nonostante siano due varietà molto diverse da ogni punto di vista, storico, agronomico, territoriale ed espressivo. Gli Starsky & Hutch dell’ampelografia campana, inevitabilmente raccontati insieme per almeno due ordini di motivi. Da una parte hanno entrambi rischiato di scomparire dallo scacchiere produttivo nel secondo dopoguerra e sono stati recuperati congiuntamente nel medesimo periodo, a partire dalla fine degli anni ’80. Dall’altra bisogna considerare che, nonostante siano presenti storicamente in territori per molti versi contigui ma non sovrapponibili, buona parte delle aziende che oggi operano nel comprensorio vinificano entrambi i vitigni, proponendo nella propria gamma almeno un Pallagrello Nero e un Casavecchia in purezza (lasciando un attimo da parte il Pallagrello Bianco), e perfino qualche blend.
La prima intenzione del seminario era dunque quella di delineare delle mappe produttive e stilistiche specifiche, mettendo un attimo da parte la comunicazione legata al loro status di “rarità enologiche” (come forse per troppo tempo si è fatto), provando invece ad inquadrarli come vini-vitigni con una propria identità, una propria collocazione a tavola, una propria parabola di consumo. Le aziende coinvolte nel laboratorio hanno scelto di affidare questo delicato compito a due “portavoce” di prestigio. L’enologo Gennaro Reale ha tratteggiato il profilo viticolo ed agronomico dei due vitigni casertani, fornendo contemporaneamente le principali coordinate territoriali e geopedologiche dei distretti in cui sono protagonisti.
La relazione sugli aspetti enologici, organolettici e stilistici è stata invece presentata da Luigi Moio, enologo e docente universitario tra i primi ad occuparsi di pallagrello e casavecchia, affiancando l’avvocato Peppe Mancini (considerato un po’ da tutti il “papà” delle due varietà) negli anni pionieristici, insieme a tanti altri protagonisti del mondo della ricerca e della produzione (Manuela Piancastelli, la famiglia Barletta, Michele Manzo, Antonella Monaco, l’Università Federico II° di Napoli-Portici e l’Istituto di San Michele all’Adige).
Come sempre il racconto è stato accompagnato parallelamente dall’assaggio dei vini (annate precedenti a quelle presentate nel tasting generale), con lo spazio finale riservato al confronto con i giornalisti italiani e stranieri, non solo sugli aspetti critici ma anche e soprattutto di mercato.
Per il free lance americano Nathan Wesley, “sono vini sorprendenti, di carattere, sicuramente più facili da approcciare rispetto all’Aglianico. Potrebbero crearsi spazi di mercato interessanti in quei piccoli ristoranti specializzati dove ci sono sommelier o master in grado di spiegare al cliente le caratteristiche tipiche di questi vitigni”.
Più tiepida la giornalista elvetico-britannica Kerin ‘O Keefe: “Ho qualche perplessità sul modo in cui sono usati i legni, con alcuni vini che appaiono quasi stravolti dall’apporto delle barrique. Ciononostante, credo che possano avere un grande futuro, probabilmente tra dieci anni lo scenario sarà molto diverso. Sono colpita soprattutto dal casavecchia, vino più accessibile in gioventù là dove il pallagrello va forse immaginato più come rosso da invecchiamento. Sono entrambi vini tannici, ma come detto credo che buona parte di queste sensazioni asciutte siano dovute più al rovere che alle uve”.
Un punto di vista ancora diverso viene dal giornalista olandese Paul Balke: “Non scopro certo io la straordinaria ricchezza delle uve autoctone in Italia: è bellissimo ma significa anche che per una serie di varietà dobbiamo ancora identificare per bene un modello di tipicità e di identità. A me sembra che pallagrello e casavecchia possano percorrere una strada di gusto e carattere: i migliori hanno facilità di beva, per il mercato italiano vanno bene perché sembrano nati per il cibo. All’estero è più difficile far capire ogni diversità, sicuramente il cliente può essere aiutato da quelle carte ordinate in base ai vitigni e al loro profilo”.
Si sbilancia ancora di più il winewriter statunitense Tom Maresca: “L’anno scorso ho partecipato a Campania Stories e sin dal primo approccio sono diventato fan di Pallagrello e Casavecchia. E preferisco concentrarmi sul carattere di ciascuna uva, che trovo molto affascinante, più che sugli aspetti tecnici ed enologici come l’utilizzo dei legni. Ho trovato che questi vitigni hanno già una loro identità e peculiarità che li differenzia da tanti altri: non sono nel cliché “internazionale”, hanno un loro carattere, e questo interessa ai consumatori e ai mercati. Al di là delle caratteristiche, ho trovato in entrambi i vitigni struttura e contrasto”.
La chiosa è affidata a “Doctor Wine” Daniele Cernilli: “certe spigolosità non credo siano imputabili a tannini verdi di buccia, altrimenti ci sarebbero finali amari. A volte assaggiamo vini un po’ troppo secchi, che possono anche non piacere, ma quando un consumatore si avvicina a questi “strani” vitigni autoctoni cerca proprio delle sensazioni diverse dai consueti standard degustativi. In questo senso, pallagrello e casavecchia sono già delle piacevolissime alternative”.
Il Pallagrello Nero e il Casavecchia – Vini assaggiati
1. Il Verro – Terre del Volturno Pallagrello Nero 2012
2. Alois – Terre del Volturno Casavecchia Trebulanum 2010
3. La Masserie – Terre del Volturno Pallagrello Nero Vulturnus 2010
4. Nanni Copè – Terre del Volturno Rosso Sabbie di Sopra il Bosco 2010
5. Selvanova – Terre del Volturno Pallagrello Nero Hero 2010
6. Vestini Campagnano – Poderi Foglia – Terre del Volturno Pallagrello Nero 2010
7. Vigne Chigi – Terre del Volturno Casavecchia Cretaccio 2008
8. Terre del Principe – Terre del Volturno Casavecchia Centomoggia 2005