Crediti foto: Roberta Porciello

Anteprima Malazè, sei Piedirosso dei Campi Flegrei e un’impronta geologica

A vent’anni dal riconoscimento della Doc, l’anteprima di Malazè *, la bella manifestazione che ha per protagonista e scenario i Campi Flegrei (link), non poteva non incentrarsi sul piedirosso. Soprattutto se è l’occasione per divulgare i risultati di un importante studio interdisciplinare portato avanti dai ricercatori di tre Università campane (Sannio, Federico II di Napoli e Seconda Università) e dell’Università di Vienna, volto all’individuazione del “Geo-Pedo-Fingerprint”: vale a dire dell’impronta geologica e pedologica del Piedirosso dei Campi Flegrei. A presentare questi importanti risultati, Mariano Mercurio, docente di Tecniche di analisi mineropetrografiche del Dipartimento di Scienze e Tecnologie dell’Università del Sannio.

«Nell’ambito degli studi volti alla tracciabilità alimentare, in questa fattispecie di un vino, per la prima volta è stata indagata tutta la filiera vitivinicola partendo dal substrato geologico, passando per il suolo per giungere poi alla vigna (rametti, foglie, acini) ed infine al vino. Il sito oggetto di studio è ubicato in uno scenario ricco di storia e di antiche tradizioni vitivinicole quali sono i Campi Flegrei. Il prestigioso distretto vinicolo indagato, relativo anche al Piedirosso, è ubicato sulla collina dello Scalandrone tra il lago di Averno e il lago Fusaro. E’ stato scelto questo vitigno in quanto, come è noto, rappresenta un cultivar diffusissimo in Campania e quindi presente nella gran parte dei disciplinari della DOC relativi ai vini rossi. Una cantina di Pozzuoli, seguita dall’Enologo Vincenzo Mercurio, si è gentilmente prestata al fine di poter circoscrivere l’area di studio nonché sviluppare le microvinificazioni associate alla filiera investigata».

«Lo studio pubblicato dalla prestigiosa rivista GEODERMA ha validato l’ipotesi che l’influenza della mineralogia, petrologia e geochimica del substrato su cui si accresce il vitigno è leggibile sotto forma di rapporto isotopico dello stronzio che rappresenta un marker geologico lungo tutto lo sviluppo della filiera. Più nello specifico lo stronzio è un elemento chimico appartenente al gruppo dei metalli alcalino-terrosi ed in natura si presenta con quattro isotopi: 84Sr (0,56 %), 86Sr (9,86 %), 87Sr (7,0 %) e 88Sr (82,58 %). Solo lo 87Sr ha origine radioattiva e proprio il rapporto tra lo 87Sr/86Sr rappresenta il tracciante di filiera, derivante dal substrato geologico, con cui poter effettuare interpretazioni a scala più vasta al fine di poter associare un vino ad un prestigioso distretto vitivinicolo”.

Crediti foto: Roberta Porciello

Crediti foto: Roberta Porciello

Acquisiti i risultati dello studio e dopo l’intervento dell’enologo Vincenzo Mercurio, il discorso si è spostato sull’inquadramento del territorio da un punto di vista vitivinicolo, come premessa ai sei vini degustati con Tommaso Luongo, delegato Ais di Napoli *, e Rosario Mattera, ideatore di Malazè, oltre che ovviamente con i produttori presenti e con chi ha voluto partecipare a questo incontro.

Il territorio

La Doc Campi Flegrei abbraccia la parte nord del comune di Napoli, parte del comune di Marano di Napoli, l’intero territorio del comune di Quarto e, procedendo verso il mar Tirreno, la fascia costiera che interessa i comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e l’isola di Procida. Si tratta di una zona fortemente antropizzata che vede oggi il suo parco vitato, circa 120 ettari, rappresentare solo il 3-5% di quella che era la superficie occupata dalla vigna ai primi del novecento. Un territorio vulcanico ove la fillossera non riusciva ad attecchire, serbatoio di una delle città più popolose d’Europa.

Istituita nel 1994, la Doc ha rappresentato il punto di partenza di una nuova viticoltura, il cui fine era la qualità. La tradizione, sostanzialmente e per quel che ci riguarda, inizia da qui. Possiamo dividere la zona in due parti: una più interna, le cui altimetrie variano dai 150 ai 280 metri sul livello del mare, ed una prettamente costiera, con quote altimetriche prossime allo zero ed un clima regolato ovviamente dalla vicina presenza del mare. È una delle zone più asciutte della Campania, ma soprattutto va osservato che due terzi delle piogge si concentrano nel periodo seguente la vendemmia fino a dicembre. Mesi particolarmente asciutti sono quelli che vanno da maggio a settembre.

Il vitigno

Il piedirosso è un vitigno poco produttivo, la cui principale difficoltà in vigna è il raggiungimento di una corretta maturazione fenolica, non avvantaggiata in passato dal tradizionale sistema di allevamento, “lo spalatrone”, volto alla quantità. L’epoca di vendemmia è solitamente la prima quindicina di giorni di settembre. Ha in dote un sicuro registro vegetale-floreale, che spazia dalle note più grevi di geranio, fino a quelle più fini di rosa e/o violetta, o a fiori blu come la lavanda e il glicine. Il frutto, non sempre presente, è la ciliegia, spezie ed erbe aromatiche della macchia mediterranea non mancano nelle versioni più complesse; note di noce moscata, cannella, sandalo e incenso possono essere presenti sia nelle versioni passate in legno, rarissime, sia talvolta nelle versioni che affinano solo in acciaio. Al palato è un peso medio, agile, poco tannico, connotato dal timbro sapido nel territorio flegreo. Nella tipologia Piedirosso della Doc Campi Flegrei il vitigno deve essere presente per almeno il 90%.

I prezzi

Dagli 8 a 12 euro in enoteca. 15 per le versioni più importanti. Vista la natura del territorio accidentato e la poco produttività del vitigno, prezzi così bassi sono e saranno sempre più difficili da sostenere per i produttori.

Crediti foto: Roberta Porciello

Crediti foto: Roberta Porciello

I vini e la degustazione

Leggiadri, saporiti, eclettici negli abbinamenti: la poca quantità di tannino permette di abbassarne la temperatura. Da bere dai 3 ai 5 anni dalla vendemmia. Reggono, senza far rilevare particolari evoluzioni in positivo, sino a dieci anni per quella che è l’esperienza maturata al momento.

Cantine dell’Averno – Campi Flegrei Piedirosso 2013 – link

Una versione semplice, immediata e briosa, in un’annata molto produttiva (ricordando che si tratta di piedirosso) e salutata con favore dai produttori. Palato sbarazzino, agile, salato. Frutta e spensieratezza. Da una vigna sul Lago di Averno e in parte da Cigliano.

La Sibilla – Campi Flegrei Piedirosso 2013

Più colore, più corpo, più sostanza. Non del tutto centrato il naso, qualche nota tostata che deriva da una particolare lavorazione in cantina (il vino fa solo acciaio). Palato succoso e grintoso, di buon grip. Chiude salato e appena amaro. Da Bacoli.

Cantine Astroni – Campi Flegrei Piedirosso Colle Rotondella 2013

Da una vigna ubicata ai Camaldoli, zona alta di Napoli, un vino che si fa apprezzare rispetto ai precedenti per una maggiore compostezza. Ma rispetto ai precedenti, è più solido che sfumato. Noci e cannella al naso. Palato di misura.

Agnanum Raffaele Moccia – Campi Flegrei Piedirosso Vigna delle Volpi 2012 – link

Per personalità e carattere, per la trama briosa e seducente e per tanti altri motivi è una delle più belle bottiglie campane che possiate bere in questo momento. Noce moscata e sandalo, incenso e lavanda, frutti di bosco e spezie, resine della macchia mediterranea. Palato ancora stretto e nervoso. Migliorerà in bottiglia. Se riuscite a non berlo prima. Un tonneau di una vigna ad Agnano di Napoli, sotto il parco degli Astroni.

Contrada Salandra – Campi Flegrei Piedirosso 2011

Una delle versioni più belle tirate fuori da Giuseppe Fortunato, che da sempre ci ha abituato a delle interpretazioni diverse del vitigno, lavorando con macerazioni lunghissime per il piedirosso: circa 30 giorni. Terroso ai profumi, radici, frutto appena accennato; palato corposo, saporito e denso di umori. Salato e pulito sul finale, calda e cordiale la chiusura.

Le Vigne di Cigliano – Campi Flegrei Piedirosso 2011

Qui, più che nel vino precedente, senti il calore dell’annata: profilo più scuro e cupo, note di carrubo e frutta secca, note di torrefazione del caffè con il passare del tempo. Palato carnoso e granuloso, appena scottato e caldo nel finale. Il vino con maggior grip tannico della batteria.

Condividi Share on FacebookGoogle+Tweet about this on TwitterShare on LinkedIn

L'Autore

Mauro Erro

Mauro Erro

Nato a Napoli nel 1978, alla passione per il mondo dell’editoria e dell’informazione accompagna da sempre quella per il vino e i suoi artigiani. Nel 2006 ha creato il Laboratorio Divino in Vigna, luogo di incontro per appassionati, enoteca e libreria specializzata, ha diretto un festival dedicato ai piccoli produttori del Sud-Italia, collaborando con diverse pubblicazioni specializzate, cartacee e digitali. Dal 2008 pubblica i suoi appunti sul blog Il viandante bevitore, dal novembre 2011 è al fianco di Alessandro Masnaghetti nella redazione di Enogea.
» Tutti gli articoli di Mauro Erro