Come anticipato nel post introduttivo dedicato ai bianchi campani del 2013 (link), prima della pausa estiva vorremmo proporre ai lettori di Campania Stories una serie di focus a più voci, organizzati per vitigni, tipologie e macroaree. L’idea è quella di verificare come le indicazioni “generali” vanno a dialogare con le variabili ampelografiche e territoriali della vendemmia 2013 in bianco, completando il racconto con qualche suggerimento per gli acquisti. Non necessariamente i vini “migliori” delle rispettive categorie, ma quelli che nelle prime orizzontali si segnalano come interpretazioni significative del millesimo, nella coerenza espressiva quanto nel potenziale di crescita in bottiglia.
Nel primo speciale ci occupiamo dei 2013 a base falanghina, il vitigno a bacca bianca più coltivato in regione (oltre 2.000 ettari di vigna censiti), nonché il più “trasversale”. Presente in ciascuna delle cinque province e praticamente in tutte le principali zone produttive, la varietà sannita-flegrea trova spazio nelle gamma di oltre 150 aziende trasformatrici, senza contare gli imbottigliatori. Il boom commerciale letteralmente esploso nella seconda metà degli anni ’90 ha subito un fisiologico rallentamento, ma i bianchi da falanghina restano piuttosto stabili nelle richieste e nelle vendite, almeno sul mercato italiano, nei canali ho.re.ca. come nella grande distribuzione.
Nonostante la stagione non proprio agevole da gestire in vigna, la 2013 si configura come una buona annata per il vitigno. Superiore alle attese, oltretutto, perché le migliori vendemmie dell’ultima decade, in rapporto al livello medio dei vini e alle punte, erano coincise quasi sempre con millesimi tendenzialmente caldi e asciutti. Là dove annate umide come la 2002, la 2005 (in parte la 2004) e soprattutto la 2009 avevano dato vita a poche riuscite degne di nota, sia se inquadrate nell’immediato, sia nelle verifiche a distanza di tempo. I capricci del 2013 sono restituiti dal profilo snello di tante etichette commercializzate fin dalla scorsa primavera, ma in diverse interpretazioni è una leggerezza che si accompagna a forza aromatica, tensione, slancio. Sono molti meno del previsto i bianchi da Falanghina eccessivamente semplici e diluiti, oppure quelli in cui la tendenza acidula tipica del vitigno resta sguarnita nell’equilibrio e nel sapore. Mentre c’è un gruppo non proprio esiguo di vini che possono funzionare bene a tavola già in questa strana estate, trovando presumibilmente ulteriore armonia e definizione nei prossimi mesi. Certo, chi è abituato a trangugiare Falanghina ghiacciata essenzialmente come aperitivo, potrebbe trovarsi in difficoltà con le acidità martellanti di tante bottiglie. D’altro canto il loro misurato tenore alcolico, la fragranza del frutto, la struttura agile sarà sicuramente apprezzata da clienti e appassionati che in queste tipologie cercano prima di tutto delicatezza e controcanto citrino, più che esibizioni materiche e cerebralismi interpretativi.
Nel piccolo promemoria di opzioni a nostro avviso meritevoli di riassaggio compaiono una serie di etichette provenienti da tutti i distretti regionali che puntano con forza sulla varietà. A cominciare dal Sannio, dove la 2013 non appare così lontana, nella qualità complessiva come nel potenziale evolutivo, dalla 2012, una delle migliori annate di sempre a nostro avviso per i bianchi beneventani. Abbiamo l’impressione, comunque, che le ragioni di questa nuova convincente prova non si esauriscano nella contingenza climatica ed agronomica, ma vadano cercate in una più generale crescita del distretto. E’ plausibile inferire che si stiano svelando progressivamente i frutti del lavoro di ristrutturazione delle denominazioni completato nel 2011, che ha portato alla creazione di una specifica Dop (Falanghina del Sannio), con implicazioni sulla gestione delle rese e sui volumi rivendicati. Si potrebbe sicuramente osare di più nella personalità stilistica e nella riconducibilità territoriale di tanti vini che sembrano accontentarsi della correttezza esecutiva, ma i progressi sono evidenti sotto molti punti di vista.
Per alcuni versi speculare lo scenario che si delinea nei Campi Flegrei: è un terroir ormai pienamente riconoscibile in diversi vini, grazie all’opera di vigneron ispirati e consapevoli, ma la fresca e umida annata fa sentire qui qualche limite più che nel Sannio. Ferma restando la forte caratterizzazione iodata e il dinamismo del sorso, le falanghine flegree del 2013 devono fare i conti con profili talvolta forse fin troppo lineari ed essenziali. E’ altrettanto vero che le migliori uve e i cru più vocati sono utilizzati dai produttori per selezioni e “riserve” proposte ad almeno un anno dalla vendemmia: manca all’appello la crema della denominazione, insomma, ed è ragionevole immaginare per il millesimo un rialzo delle quotazioni quando il quadro delle uscite sarà completo.
Se il Sannio e i Campi Flegrei si confermano per numeri e risultati i poli di riferimento per i bianchi a base Falanghina, incoraggianti indicazioni arrivano anche dalla provincia di Caserta. In particolare dalle aree vulcaniche di Galluccio e Roccamonfina, dove comincia a formarsi un piccolo gruppo di vini in grado di aggiungere un ulteriore tassello alla variabilità espressiva del vitigno. Si tratta per ora di un movimento disordinato, che si appoggia sulla sensibilità dei singoli più che su un vero percorso collettivo, ma forse vale la pena di concedere un’apertura di credito e prevedere uno spazio di attenzione in un’ipotetica carta della Falanghina campana.
Meno entusiasmante appare la situazione in Irpinia: quasi tutte le aziende della provincia di Avellino presentano nella propria batteria un bianco da Falanghina, il più delle volte realizzato con uve acquistate nel Sannio e in alcuni casi con partite già vinificate e semplicemente imbottigliate nella propria cantina. Esigenze di mero completamento di gamma, insomma, che si riflettono in un gran numero di vini tendenzialmente trascurabili, quasi scolastici nell’esecuzione, che scaturiscono talvolta dall’acquisto di partite (uve e sfusi) dell’ultim’ora, magari recuperate sottocosto. E’ una questione più centrale che mai per almeno due ordini di motivi: da una parte sono meccanismi che finiscono per destabilizzare ulteriormente un mercato con margini di rimuneratività già ridotti all’osso, dall’altra ci sembra di poter dire che la ricerca di materie prime residuali a prezzi stracciati non rende onore ad una tipologia che sta pian piano svelando le sue carte migliori e merita progetti agricoli ed enologici pensati a monte. Nonostante gli sforzi, tuttavia, non riescono ancora ad incidere nemmeno quelle realtà che stanno provando a smarcarsi da questo schema di filiera, creando nuovi impianti di Falanghina nel proprio territorio, sfruttando anche le possibilità offerte dalla tipologia monovarietale della dop Irpinia. Le superfici destinate al vitigno in provincia di Avellino hanno superato i 50 ettari, lavorati da 5-6 aziende imbottigliatrici: c’è già qualche buona versione, ma le migliori etichette di Sannio e Campi Flegrei sono ancora lontane, al di là delle considerazioni sulla 2013. Appare soprattutto complicato cogliere con sufficiente chiarezza, almeno per il momento, un carattere indiscutibilmente “irpino” in questi vini: pur se giocati generalmente su agilità e freschezza, si fa fatica ad incrociare lo stesso ascendente territoriale che si manifesta non solo nei migliori Fiano e Greco, ma anche in diverse etichette a base Coda di Volpe, Roviello Bianco (alias Greco Musc’) o realizzate con altre varietà più rare.
Falanghina 2013 – I Consigli di Campania Stories
Sannio (Provincia di Benevento)
Terre Stregate – Falanghina del Sannio Svelato ’13
www.terrestregate.it
Se le Falanghine di Terre Stregate sono costantemente tra le più riuscite e appetibili del distretto sannita, il merito va riconosciuto ad Armando e Carlo Iacobucci, padre e figlio, che hanno sfidato la crisi completando la nuova cantina in uno dei periodi forse meno propizi per il mercato già avaro di soddisfazioni del vino beneventano. Realizzata con la collaudata consulenza di Nicola Trabucco, questa versione di Falanghina del Sannio 2013 ci è “svelata” dai profumi maturi di pera e grano, da un’apprezzabile fibra tattile e soprattutto da uno sviluppo al palato più fresco delle attese, risolto in un equilibrio tra il sapido e l’amaro davvero dinamico e felice. Sui 10 euro in enoteca. [Giampaolo Gravina]
Cautiero – Falanghina del Sannio Fois ’13
www.cautiero.it
La piccola azienda di Fulvio e Imma Cautiero si conferma voce imprescindibile nel panorama dei bianchi sanniti a base falalnghina. Il Fois 2013 continua infatti l’autorevole percorso segnalato in vendemmie molto diverse come 2011 e 2012: il fulcro aromatico è tutto nelle variegate sensazioni balsamiche, arricchite da singolari sfumature di mais tostato, focaccia al rosmarino, frutta gialla matura. Qualche accento fenolico non distrae nemmeno nel sorso polposo e salato, tanto solido quanto rilassato. Ben sotto i 10 euro in enoteca. [Mauro Erro]
Capolino Perlingieri – Falanghina del Sannio Preta ’13
www.capolinoperlingieri.com
Attacco grintoso su note di pompelmo, salivazione a mille, silhouette snella, finale tonico e reattivo: la Falanghina di Alexia Capolino Perlingieri è un bianco tutto di bocca, sottile ma definito e di buon contrasto. Il suo profilo aromatico si delinea infatti non così espressivo, anzi quasi reticente, e non lascia spazio a tante suggestioni o analogie; ma la bocca si libera e si scioglie, ben sostenuta da una spina acida che garantisce freschezza e vitalità. Il suo ascendente è pietroso: di nome (preta sta per pietra, in dialetto) e di fatto. E nonostante provenga dalle ghiaie alluvionali della campagna di Solopaca, ha un carattere quasi “dolomitico”, a metà strada tra una Nosiola e un Sylvaner. Sui 10 euro in enoteca. [Giampaolo Gravina]
Mustilli – Falanghina del Sannio Sant’Agata dei Goti ‘13
www.mustilli.com
Non serve ricordare per l’ennesima volta il ruolo fondamentale giocato dalla famiglia Mustilli nella valorizzazione della falanghina sannita, avviata in anni molto diversi da quelli in cui il vitigno è diventato un vero e proprio must commerciale. La 2013 rende merito a questa storia col suo tocco delicatamente buccioso, tra pesca tabacchiera ed erbe in infusione: è comunque vino di bocca più che di naso, fitto e cremoso nell’attacco gustativo, più gentile e progressivo nello sviluppo, più iodato che citrino. Sui 10 euro in enoteca. [Paolo De Cristofaro]
La Rivolta – Falanghina del Sannio Taburno ’13
www.fattorialarivolta.it
Della Falanghina del Sannio (sottozona Taburno) di Paolo Cotroneo e Vincenzo Mercurio ammiro la coerenza stilistica: le oltre cinquantamila bottiglie prodotte ogni anno garantiscono infatti con precisione micrometrica un bianco giocato sulla chiarezza aromatica e la dinamica gustativa, che raramente delude. Non fa eccezione questa versione 2013: più composta che espressiva all’olfatto, dove si lascia comunque intravedere uno sfondo di fiori di campo e buccia di mandarino che invita alla beva. La bocca conferma questa luminosa armonia e si offre dolce e fresca, mettendo la tecnica al servizio del sapore. Sui 10 euro in enoteca. [Giampaolo Gravina]
Montesole – Falanghina del Sannio Vigna Zampino ‘13
www.montesole.it
Con oltre un milione di bottiglie annue, Montesole è uno dei primi marchi irpini per volumi commercializzati. Attiva già dagli anni ’90, l’azienda guidata da Rosa Pesa, Sabina Gubitosa e Giovanni De Santis sembra aver progressivamente cambiato marcia nelle ultime stagioni, mostrando di voler esplorare nuove strade accanto a quelle della mera precisione tecnica. Un buon esempio in questo senso è il Vigna Zampino ’13, selezione di falanghina prodotta con uve acquistate nel Sannio. Ananas, pesca bianca, mandorla fresca, il quadro aromatico è fine e croccante, senza ridondanze lievitose, coerentemente riproposto in una bocca dinamica e salina, accorciata solo da un pizzico di SO2 da imbottigliamento ancora da smaltire. Sui 13 euro in enoteca. [Paolo De Cristofaro]
Campi Flegrei (Provincia di Napoli)
La Sibilla – Falanghina dei Campi Flegrei ‘13
www.sibillavini.it
Come sottolineato nel racconto introduttivo, per avere un quadro completo della 2013 per le Falanghina dei Campi Flegrei dovremo aspettare l’uscita, da qui a un anno, dei cru e delle selezioni più ambiziose. Lo spirito del millesimo appare comunque già molto efficacemente rispettato nel “base” de La Sibilla, piccola realtà di Bacoli guidata dal giovane Vincenzo Di Meo, che proprio con le etichette di entrata sta spesso facendo la differenza ultimamente. Linearità ed essenzialità si traducono in una filigrana espressiva dove è il territorio più che il vitigno ad emergere. Mineralità cupa al naso, bocca ricca di sale, a chiudere su un piacevole retrogusto amarognolo di erbe. Sui 9 euro in enoteca. [Mauro Erro]
Galluccio-Roccamonfina (Provincia di Caserta)
Masseria Starnali – Falanghina di Roccamonfina Maresa ’13
www.masseriastarnali.com
Realtà agricola da oltre 30 ettari dislocati sulle colline di Galluccio, Masseria Starnali è una delle aziende casertane maggiormente cresciute nelle ultime vendemmie nel livello della gamma e nella sua personalità stilistica. E non potrebbe esserci miglior biglietto da visita di questo Maresa 2013, falanghina di respiro quasi “montano” nei ricordi di melone bianco, muschio, erbe da cucina. Un profilo apparentemente freddo capace di sciogliersi in un flusso snello e salino, puntuale ma anche rilassato. Sugli 8 euro in enoteca. [Paolo De Cristofaro]