Nell’ultima puntata del nostro speciale Bianchi Campani (qui, qui, qui, qui e qui le puntate precedenti) ci occupiamo dei migliori “ritardatari”, vale a dire quelli proposti dalle aziende ad almeno un anno dalla vendemmia. Un gruppo di vini in graduale ma sensibile aumento – per fortuna, aggiungiamo noi – perché è qui che spesso si incontrano alcuni campioni assoluti della produzione bianchista regionale. Interpretazioni con cui confrontarsi senza fretta, che hanno tutto da guadagnare da un affinamento prolungato in cantina e in bottiglia, in diversi casi capaci di attraversare in scioltezza gli anni, i lustri e perfino i decenni.
La stragrande maggioranza dei ritardatari testati nelle orizzontali estive sono frutto della controversa stagione 2012, che si delinea sempre di più, mese dopo mese, assaggio dopo assaggio, come un’annata calda “atipica”, decisamente atipica. Una vendemmia dall’andamento praticamente speculare a quello che sta facendo penare quasi tutti i vigneron italiani in questa difficilissima 2014: estate torrida, con ben 7 anticicloni di origine nordafricana, poche piogge e temperature elevate almeno fino all’inizio di settembre, prima di un autunno più umido e fresco (per i dettagli sui dati climatici ed agronomici scarica il pdf allegato: Scheda climatica e agronomica annata 2012 – Fiano e Greco )
Premesse meteorologiche solo in parte restituite dai vini, come segnalato in maniera significativa dagli stessi dati analitici: contrariamente a quanto ci si aspetta da un millesimo “tropicale”, le gradazioni alcoliche sono state piuttosto contenute, le acidità più rilevanti del previsto, i ph sovrapponibili a quelli di annate molto più “classiche”. Manca soprattutto quella omogeneità espressiva che di solito si manifesta in una vendemmia calda tout court: anche all’interno delle stesse zone e ragionando sulle stesse tipologie, la 2012 tiene insieme bianchi di profilo molto diverso, nell’immediato come in prospettiva.
Lo zoccolo duro è rappresentato da vini ricchi e solari, sicuramente più fruibili ed equilibrati in rapporto ai rispettivi 2013 assaggiati nella stessa fase. C’è però un gruppo significativo di etichette, oltretutto trasversale quanto a vitigni e macro-aree, dal passo decisamente “lento”, sia da un punto di vista aromatico che da quello gustativo. Vini ancora in parte primari nel quadro olfattivo, che sembrano bisognosi di tempo per integrare e armonizzare virtuosamente componenti al momento un po’ isolate: avvolgenti in ingresso, più crudi nello sviluppo, con qualche scodata alcolica da assestare e gli apporti sapidi ancora in parte mimetizzati in una beva non così spensierata. Una complessità da attendere con fiducia nelle migliori riuscite, insomma, estremamente integre e vitali, probabilmente destinate ad un lungo invecchiamento, come insegnano alcuni magnifici bianchi campani del 2003, per molti versi non ancora arrivati all’apice evolutivo (e ce ne rioccuperemo presto in un post dedicato).
Un quadro che vale soprattutto per i bianchi del 2012 imbottigliati e assaggiati la scorsa estate, mentre sono apparsi fin da subito più aperti e leggibili quelli che hanno potuto godere di una permanenza più lunga in vasca e in bottiglia. Tanto rischiano di essere penalizzati i bianchi 2013 in questa fase, quanto i ritardatari del 2012 riescono a farsi apprezzare e descrivere in maniera sicuramente più affidabile. Ce ne sono tanti, a nostro avviso, che meritano di essere recuperati ed inseriti in quella sorta di carta campana, o promemoria per gli acquisti, fate voi, “Estate-Autunno 2014”, che abbiamo provato a compilare con i nostri focus nelle ultime settimane. Vini con cui familiarizzare adesso, ma anche e soprattutto da tenere come scorta in cantina senza preoccupazioni. Nel frattempo ci sono tanti bianchi del 2011 e del 2009 già vicini all’ideale punto di maturazione: per chi ha la possibilità di attingere da più annate, sono i vini da stappare in questo momento, secondo noi.
Bianchi Campani 2012 “ritardatari” – I Consigli di Campania Stories
La Sibilla – Falanghina dei Campi Flegrei Cruna DeLago 2012
www.sibillavini.it
Il profilo aromatico è ricco e articolato e sa tenere insieme due anime distinte: da un lato un’espressività più luminosa e mediterranea, che rivela un carattere quasi provenzale e lascia cogliere analogie con certe versioni della Clairette provenzale di Château Simone *; dall’altro lato un temperamento più minerale e focoso (per l’appunto: flegreo), solcato da note terziarie di idrocarburi, nafta e pietra focaia. Il palato rivela un calibratissimo tocco di macerazione, che ne alimenta la trazione e la progressione rilasciando sensazioni agrumate, ma la sua energia non si traduce tanto in una presa grintosa, quanto piuttosto in una scorrevolezza di bocca entusiasmante, la cui purezza e naturalezza espressive legittimano l’analogia con l’acqua di roccia. Confesso che raramente nella mia esperienza di assaggio l’evoluzione di una Falanghina ha attinto a simili livelli di complessità. E credo che il merito principale vada riconosciuto al giovane Vincenzo Di Meo, che conferma un talento precocemente in sintonia con le stilizzate prospettive del grande bianco da invecchiamento. Intorno ai 17 euro in enoteca. [Giampaolo Gravina]
Contrada Salandra – Falanghina dei Campi Flegrei ‘12
www.dolciqualita.it
Abbiamo imparato a conoscere Giuseppe Fortunato come un personaggio schivo e riservato e i suoi vini in parte ne sono espressione. Non fa eccezione questa falanghina, terragna, ma che regala un refolo di mare ai profumi, sale quanto basta al palato, note di muschio ed elicriso quando con l’ossigeno aiuta il vino a mettere da parte la timidezza e ad essere più loquace. Sorso saldo, pieno e lungo. Intorno ai 10 euro in enoteca. [Mauro Erro]
Sorrentino – Natì ‘12
www.sorrentinovini.com
E’ cambiata l’etichetta, è cambiata la forma della bottiglia, è cambiata la linea della ricca gamma in cui adesso è inserita (Prodivi), non c’è più l’indicazione “Coda di Volpe” (infatti è caprettone *), ma il Natì resta uno dei fiori all’occhiello della vitienologica vesuviana, di cui la famiglia Sorrentino è portabandiera. La versione 2012 propone molteplici chiavi di lettura: poco frutto e tutto scheletro in questa fase, con suggestioni di castagna cruda, essiccatoio, polline, gioca al palato su un’orizzontalità tutt’altro che accomodante, trovando sapore e progressione espressiva. Trovate qui (link) il racconto della verticale fatta in azienda qualche anno fa. Intorno ai 16 euro in enoteca. [Paolo De Cristofaro]
Di Prisco – Fiano di Avellino 2012
www.cantinadiprisco.it
Quando ho conosciuto Pasqualino Di Prisco, una quindicina di anni fa, non avrei saputo indovinare dietro la potente longevità del suo Taurasi una sequenza di bianchi irpini perfino più convincenti. E invece è andata proprio così, e in attesa di ritrovare il Taurasi all’altezza delle migliori versioni della tipologia, si rinnova l’appuntamento con un Fiano incantevole per eleganza e complessità. Espressivo e accogliente nei profumi di fiori gialli e burro d’alpeggio, spontaneo e armonico nel declinare un frutto maturo e palpitante, rivela eleganza e ampiezza nell’espansione. E possiede la completezza di un classico, dove il calore e la fibra si alleano alla sapida bevibilità per rafforzare una lunga persistenza gustativa e delineare un promettente potenziale gastronomico. Intorno ai 10 euro in enoteca. [Giampaolo Gravina]
Molettieri – Fiano di Avellino Apianum 2012
www.salvatoremolettieri.com
Tanto cupi e concentrati possono essere i suoi Aglianico, quanto delicati e teneri i suoi bianchi da uve fiano e greco. Salvatore Molettieri non ha certo il physique du rôle del bianchista più fine e aggraziato, ma tant’è: se ripercorriamo le ultime quattro/cinque annate dei suoi bianchi irpini ne ricaviamo una sorprendente ricognizione in termini di consapevolezza stilistica e maturità di temperamento. Così la versione 2012 del Fiano Apianum, che si offre nel consueto corredo aromatico ricco di suggestioni da vendemmia tardiva, con una suadente nota bucciosa ai profumi: una buccia tra l’agrume e la pera che rilascia sfumature dolci ma intriganti, venate di ricordi di macchia mediterranea (timo). La bocca rilancia l’originalità di questo equilibrio dolce/sapido, dove l’armonia del chiaroscuro si traduce in eleganza del sapore. E finisce per delinearsi la fisionomia di un insospettato analogo irpino del Verdicchio jesino “le Oche” di Natalino Crognaletti. Chi l’avrebbe mai detto? Intorno ai 12 euro in enoteca. [Giampaolo Gravina]
Rocca del Principe – Fiano di Avellino ‘12
www.roccadelprincipe.it
Avevo già segnalato il vino di Aurelia Fabrizio e Ercole Zarrella (vedi link) che, al mio primo assaggio, mi aveva subito colpito per l’energia. Perché è questa la prima caratteristica che vi voglio segnalare, la capacità di vibrare al sorso, l’elettricità che lo rende aereo e dissetante senza lasciare nulla in quanto a dettaglio e articolazione aromatica. Ed è solo all’inizio del suo percorso. Agrumi, erbe aromatiche, sensazioni minerali iodate appena accennate che mi ricordano l’areale da cui proviene: Lapìo. Il meglio verrà, per cui è meglio tenerne qualche bottiglia di scorta in cantina. Intorno ai 15 euro in enoteca. [Mauro Erro]
Colli di Castelfranci – Irpinia Fiano Paladino ‘12
www.collidicastelfranci.com
Il Paladino è uno dei pochi fiano irpini coltivati fuori dalla zona classica coperta dalla Docg, precisamente in una vigna di proprietà della Colli di Castelfranci, collocata a Bosco Grifalco di Torella dei Lombardi, a circa 650 metri di altitudine. Le prime uscite erano a tutti gli effetti delle raccolte tardive, talvolta maturate in legno e imbottigliato con qualche grammo/litro di zuccheri residui; da qualche anno a questa parte è invece un classico fiano secco, che con la versione 2012 tocca una delle sue vette espressive. Luminoso e cordiale, la partenza è all’insegna di frutta bianca ed erbette di montagna, preludio di un sorso agile, delicato, fragrante, solo un po’ sguarnito nella spalla sapida. Intorno ai 15 euro in enoteca. [Paolo De Cristofaro]
Cantina del Barone – Campania Fiano Particella 928 ‘12
Link al post dedicato: clicca qui
Villa Diamante – Campania Fiano La Congregazione ‘12
Link al post dedicato: clicca qui
Zampaglione Pierluigi – Campania Fiano Don Chisciotte 2012
www.ildonchisciotte.net
Da una vigna di due ettari a Calitri, fuori dalla zona classica, a circa ottocento metri di quota, Pierluigi Zampaglione prova a valorizzare tanto le ragioni del bianco di montagna, più verticale e “roccioso” nell’assetto, quanto la sensibilità alla macerazione sulle bucce. Il suo Fiano reclama una personalità originale, ma non così estrema, come nel caso di questa versione 2012, dal colore oro antico percorso da riflessi ramati: affascinante nei profumi di pain d’épices e agrumi canditi, equilibrato nel rilascio della dolcezza al palato, solo appena un po’ più asciugato sul finale, ma senza perdere contatto con il frutto. È molto buono già ora, ma un supplemento d’attesa potrà solo giovargli. Intorno ai 18 euro in enoteca. [Giampaolo Gravina]
Cantine dell’Angelo – Greco di Tufo ‘12
www.cantindellangelo.com
Angelo Muto è sicuramente uno degli interpreti capaci negli ultimissimi anni di far parlare di sé. Il suo percorso iniziato nel 2006 in compagnia di Luigi Sarno, patron di Cantina del Barone nonché suo amico e consulente enologo, è andato sempre più in direzione di un approccio “naturale” e diverso. E se con piacere ricordo le versioni del 2008 e del 2009, più tradizionali per questo greco che nasce a Tufo da vigne che insistono sulle vecchie miniere Di Marzo, il 2012, rappresenta, invece, un vino più consapevole e disteso, meno segnato rispetto ai millesimi precedenti da note cerealicole monocordi e omologanti. Il colore già tende all’oro, il profilo è maturo, cordiale, impreziosito non solo dalle note minerali, ma da un bouquet composito dove trovano spazio i fruttini rossi dei Greco più caratteriali. Bocca piena e gustosa, a cui il tempo regalerà la giusta distensione e serenità. Intorno ai 14 euro in enoteca. [Mauro Erro]
Le Ormere – Greco di Tufo ‘12
www.leormere.it
Dopo una lunga fase di boom, che ha visto l’Irpinia del vino letteralmente esplodere con la nascita di decine e decine di nuove aziende, negli ultimissimi anni la situazione sembra essersi un po’ “acquietata”. Solo raramente le poche novità comparse sulla scena hanno dimostrato fin da subito di essere all’altezza dei loro predecessori e tra le eccezioni c’è sicuramente Le Ormere. Si tratta di una piccola cantina con sede legale ad Avellino e cuore viticolo a Santa Paolina, nel quadrante settentrionale del Greco di Tufo, avviata da Fiore Cecere e Carmine Iannaccone con la collaborazione di Sergio Pappalardo. La prima uscita, targata 2012 e vinificata senza solfiti aggiunti, colpisce immediatamente per il suo profilo al tempo stesso solare e terragno, Quello dei Greco della “tradizione” tufese, per intenderci, quando non c’era possibilità di controllare le temperature di fermentazione né di guidare le malolattiche. Quando l’unico modo per “contrastare” le feroci acidità, tipiche del vitigno nella Valle del Sabato, era portare in cantine uve il più mature possibili, cercando di allungare la vita del vino anche attraverso qualche giorno di macerazione. Torta di mele, crème brulée, ribes, tocchi cerealicoli, le componenti dolci e fenoliche sono approfondite da una mineralità più fluviale che sulfurea. Il meglio viene comunque dalla bocca: decisa, compatta, viscerale, i tannini si sentono ma diventano parte virtuosa in un sorso pastoso, asciutto, di grande carattere. Tiene molto bene all’ossigeno e dopo oltre un giorno di apertura si focalizza in maniera ancora più precisa sulla caramella all’arancia e il mais tostato, incrudendosi invece leggermente al palato. Ma è un vino che racconta una storia. Abbinamento con agnello, uova e piselli praticamente obbligatorio. Intorno ai 14 euro in enoteca. [Paolo De Cristofaro]
Calafè – Greco di Tufo ‘12
www.calafe.net
Avevo un po’ perso le tracce della piccola azienda creata a Pratola Serra da Benito Petrillo nel 2006, dopo un inizio promettente e qualche uscita più altalenante. Ma in Irpinia non bisogna mai dare niente per scontato, nel bene e nel male, come dimostra questo Greco di Tufo ’12 capace di tenere insieme precisione esecutiva e originalità espressiva. Anice, terra mossa, frutta tropicale, perfino richiami animali, viaggia con suggestioni quasi juraçiennes, su un filo ossidativo gestito magnificamente. Al palato si rivela un peso medio, sostenuto da una scia sapida scorrevole e scattante fino alla lunga e vivace chiusura. Intorno ai 13 euro in enoteca. [Paolo De Cristofaro]
Mila Vuolo – Colli di Salerno Fiano ‘12
www.milavuolo.it
Confesso di essere entrato in sintonia con il Fiano della brava Mila Vuolo solo in tempi recenti, grazie soprattutto ai riassaggi delle prime annate. La finestra necessaria per inquadrare un’interpretazione un po’ transgender, se mi passate il termine: né irpino-montana né cilentano-mediterranea, ha un’identità tutta sua che nella versione 2012 si racconta al meglio. Ricco, espressivo, con sensazioni di pascolo e latte appena munto, coniuga freschezza e coerenza orizzontale, accentuando i tratti più estivi nello sviluppo gustativo, un po’ brusco nell’ultimo segmento. Intorno ai 14 euro in enoteca. [Paolo De Cristofaro]