Aperta dalla relazione della Commissione Tecnica Territoriale sugli aspetti stilistici ed organolettici del Taurasi, la seconda tappa di Campania Stories I Vini Rossi è proseguita nella giornata di sabato 15 marzo. Nel quartier generale dell’Hotel de la Ville di Avellino, la mattinata è stata dedicata come di consueto al tasting generale dei vini presenti alla rassegna, mentre la sezione pomeridiana prevedeva l’ultimo seminario del ricco programma di approfondimenti programmati nell’edizione 2014.
Come già in buona parte ricordato nell’ultimo post (link), la tappa irpina di Campania Stories ha raccolto l’eredità di Anteprima Taurasi e Taurasi Vendemmia prima di tutto nell’attenzione riservata al racconto delle singole annate. E proprio nell’ottica di monitorare quel che accade ai Taurasi nelle diverse fasi evolutive, all’interno di Campania Stories sono stati ampliati gli spazi di approfondimento dedicati alla retrospettive. Momenti fondamentali per verificare in maniera strutturata ed organica il rapporto col tempo di vini che hanno teoricamente nella longevità e nello sviluppo durante l’affinamento alcuni dei propri punti di forza.
Nelle precedenti edizioni sono state allestite delle degustazioni collettive per riassaggiare un gruppo di vini che avevano raggiunto i dieci anni dalla vendemmia. Raccogliendo le sollecitazioni delle aziende e della stampa accreditata, da questa edizione si è deciso di aprire una finestra aggiuntiva anche sul millesimo che ha completato un quindicennio dalla raccolta, in modo da poter focalizzare percorsi evolutivi ed espressivi ancora più profondi.
Dopo un momento dedicato alla figura di Antonio Mastroberardino, scomparso a fine gennaio e ricordato dal figlio Piero e dal giornalista statunitense Tom Maresca, la stampa accreditata e le aziende si sono ritrovati insieme per riassaggiare una dozzina di Taurasi dei millesimi 2004 e 1999.
A questo link potete recuperare tutte le informazioni dettagliate sulla vendemmia 2004 e a quest’altro quelle relative alla vendemmia 1999 (link).
Nella parte finale del seminario giornalisti ed aziende hanno potuto confrontarsi come di consueto sulle impressioni emerse nel tasting mattutino, con una serie di riflessioni incentrate sul quadro stilistico dell’aglianico irpino e sulla loro identità percepita nei diversi mercati internazionali.
Per il giornalista statunitense Nathan Wesley “i Taurasi sono dei vini di grande carattere, di grande importanza, che amo tantissimo. Possono essere potenti ed eleganti allo stesso tempo, con tannini ben integrati, grande acidità, grande equilibrio. E’ importante saper gestire questi tannini sia in vigna che in cantina con l’invecchiamento e lasciare che abbiano il tempo di affinarsi. Al momento, tuttavia, gli americani conoscono e capiscono maggiormente i bianchi irpini: la grande difficoltà sul mercato statunitense è quella di competere con i grandi cabernet californiani. Probabilmente la vera opportunità per le aziende è quella di proporre le annate più vecchie, lasciando affinare in bottiglia questi vini. O fare in modo che rimangano nelle cantine dei ristoranti più tempo possibile o vendere il più tardi possibile per mostrare il loro potenziale evolutivo. Per me sarà importante approfondire ulteriormente non solo la provenienza delle diverse aree della denominazione ma come le variabili di ciascun’area vadano ad impattare il vino che se ne ottiene, anche in funzione delle finestre di consumo e degli abbinamenti”.
Il Master of Wine britannico Peter McCombie si concentra maggiormente sulle indicazioni emerse nella doppia retrospettiva: “La 2004 è stata sorprendente per me. E’ incredibile scoprire come i produttori abbiano molto più fiducia in se stessi nel produrre il Taurasi. Sono andato in giro per cantine e ho scoperto come la produzione del Taurasi stia migliorando ed evolvendo. Nel mercato britannico bisogna comunicare bene l’Irpinia e ancor più la Campania e c’è bisogno di focalizzarsi su un target preciso: sommelier e appassionati curiosi disposti ad aprire con una certa frequenza questo genere di vini. Probabilmente la grande sfida è il grande potenziale di invecchiamento: bisogna trovare una buona collocazione sul mercato per far sì che tutti possano permetterseli, trovandoli a prezzi ragionevoli. In Gran Bretagna sugli scaffali di molti supermarket si possono trovare diversi aglianico, ma è necessario far conoscere le punte migliori”.
Una diversa sottolineatura arriva dal giornalista austriaco Christian Eder: “Mancavo in zona da un paio d’anni. Ho avuto occasione di degustare vini irpini durante le fiere e in redazione, ma è completamente un’altra cosa vedere cosa succede con i proprio occhi in questa bella zona dell’Italia. La qualità media dei vini è molto più alta di un paio d’anni fa. Ho visto che ci sono delle nuove piccole aziende che fanno un bel lavoro sia sull’aglianico che sui vini bianchi e questo è molto importante: mi ha stupito la qualità in vini di produttori che fanno questo lavoro al massimo da dieci anni. Per il nostro mercato svizzero e tedesco, l’aglianico di Taurasi è purtroppo ancora considerato per molti versi un vino di serie B: ha potenzialità da serie A ma non è riuscito anche per problema di marketing a posizionarsi al top dei vini italiani”.
Più fiducioso il giornalista olandese Paul Balke: “Il territorio è una grande sorpresa, esprime grande qualità. Abbiamo parlato di immagine e questo è molto importante. Conosco bene il Barolo e parliamo di due grandi vini italiani con il Taurasi, che può fare passi in avanti in termini di immagine come ha fatto il Barolo. Questo vino ha potenzialità peri diventare un grande nome nel mondo del vino”.
Spunti interessanti dall’intervento della giornalista austriaca Luzia Schrampf: “Sebbene gli austriaci siano bene informati sul vino, non conoscono ancora bene l’Irpinia e l’areale del Taurasi ma probabilmente conoscono il Taurasi. Nonostante sia un popolo preparato al vino, ora il trend in Austria è rifuggire dai vini strutturati. I 14° in etichetta spaventano, anche se spesso non significano nulla se il vino è equilibrato. Dal tasting dei Taurasi è emerso che probabilmente ci sono degli stili personali ma probabilmente in qualche campione c’è ancora qualche tannino di troppo. La mia impressione è che sicuramente un vino che ha bisogno di tempo, che si esprime al meglio dopo almeno tra 3 o 4 anni dall’uscita, quindi forse non bisogna affrettarsi troppo a proporli subito sul mercato”.
Più netta è la sintesi della giornalista britannico-elvetica Kerin ‘O Keefe: “L’Aglianico di Taurasi è un vitigno intrigante ed interessante. Questi vini hanno grande potenzialità ma c’è ancora strada da fare. Questi tannini non hanno bisogno di legno nuovo e mi sembra che ci si stia muovendo in questa direzione. Sono vini densi, concentratissimi, con un’estrazione impressionante. Forzare questi vini in cantina sarebbe uno sbaglio enorme. Questi ‘99 e 2004 per esempio non me li aspettavo così giovani. Credo che l’uso di legno vada molto moderato. Gli Aglianico affinati in botte grande erano piacevoli, complessi ma bevibili. Credo che sarebbe interessante avere da queste zone un aglianico più “pronto”, anche per quel che riguarda il prezzo. I miei lettori conoscono il Taurasi più dell’aglianico, conoscono Napoli e la Campania, ma non l’Irpinia. Credo ci sia un futuro per questo vitigno nobile, ma bisogna riflettere anche su questi aspetti di comunicazione”.
Le fa eco la giornalista russa Eleonora Scholes: “Nel mio paese il Taurasi è conosciuto, ma i vini non sono ancora così presenti sul mercato. Questo è un tempo giusto per portare vini che corrispondono all’immagine più bella del Taurasi. Sono vini nobili, insieme a Barolo, Barbaresco e Brunello godono di grande prestigio in Russia. I Taurasi possono andare nella stessa fascia: quando le vendemmie sono buone i vini sono buoni. Forse però questi vini escono troppo presto sul mercato. Da noi c’è grande richiesta di annate vecchie, con vini più sviluppati: è il momento di approfittarne per chi ha disponibilità di Taurasi maturi in cantina”.
Per il giornalista giapponese Isao Miyajima “La grandezza del Taurasi non si discute. Tutti dicono che il Taurasi è un grande vino ma poi non lo comprano. Non bisogna però pensare che la soluzione è quella di fare un Taurasi morbido perché a quel punto non sarebbe Taurasi. Ma c’è già una soluzione a portata di mano: ieri ho assaggiato un Irpinia Aglianico molto buono che si abbinava molto bene a cena. Quindi il Taurasi più beverino c’è già e con gli Aglianico “base” si può coltivare la cultura e il piacere di questi vini freschi e vigorosi, che oggi sembrano funzionare maggiormente. Quando poi si diffonderà la droga dell’aglianico, il 10% dei consumatori comprerà il Taurasi se comincia ad amare i vini più semplici”.
Per Tom Maresca la chiave sintetica è tutta da ricercare nella consapevolezza dei produttori: “Bisogna fare i vini che volete proporre. Fate il meglio possibile, fate buoni vini. Fate il vino che piace a voi e le persone apprezzeranno per forza”.
Doppia Retrospettiva Taurasi 2004 e 1999 – Vini in Degustazione
Guastaferro – Taurasi Primum 2004
Terredora – Taurasi Pago dei Fusi 2004
Colli di Castelfranci – Taurasi Alta Valle 2004
I Favati – Taurasi Terzo Tratto 2004
Montesole – Taurasi Vigna Vinieri 2004
Contrade di Taurasi – Taurasi 2004
Di Prisco – Taurasi 2004
La Molara – Taurasi Santa Vara 2004
I Capitani – Taurasi Bosco Faiano 1999
Pietracupa – Taurasi 1999
Perillo – Taurasi 1999
Urciuolo – Taurasi 1999
Feudi di San Gregorio – Taurasi Selve di Luoti 1999