Quale “utilità” può esserci nel commentare un vino praticamente irreperibile, terminato, prosciugato da quasi tre anni? Apparentemente nessuna, considerando il panico che si diffonde ancora tra una buona fetta di ristoratori già nel periodo di Natale se i produttori non promettono di mandargli a breve i bianchi della nuova annata.
A quei ristoratori vorrei sommessamente dire che, se avessero lasciato da parte qualche bottiglia di questa Falanghina del Taburno 2010 di Fattoria La Rivolta, oggi servirebbero ai loro ospiti un vino completamente intatto rispetto all’uscita per integrità e freschezza, ma più definito e ampio nei profumi, più digeribile (avendo smaltito la solforosa post imbottigliamento), in definitiva più buono.
Evidentemente non è una loro esigenza e a me non resta che rendere conto, per puro spirito documentaristico, di una Falanghina tra le più autorevoli e “complete” assaggiate in questi anni. Ritrovo la stessa luminosità primaverile e quasi “fianeggiante” di agrumi (pompelmo soprattutto) ed erbe di campo dei suoi primi mesi di vita, la struttura salda e saporita, il nerbo di una vendemmia davvero a cinque stelle per i bianchi campani.
Manca forse un quid di slancio e naturalezza espressiva, lo sviluppo nel bicchiere resta un po’ “freddo”, ma come detto l’apice evolutivo è tutt’altro che raggiunto. Se la Falanghina è sottovalutata, come sostengono alcuni, forse è anche perché manca la voglia o il coraggio di tornare su certe bottiglie quando è il momento. Lo trovavate a poco più di 10 euro in enoteca.
Fattoria La Rivolta
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Superficie vitata aziendale: 29 ha
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