L’estate lungamente attesa alla fine è arrivata. Sostituendosi all’autunno e dando modo ai viticoltori più bravi (e fortunati) di recuperare sul finale, e in qualche caso sovvertire, un’annata partita non certo sotto i migliori auspici. I toni sono decisamente cambiati rispetto a qualche settimana fa e i produttori campani risultano tra i più attivi sui social network nel segnalare la loro soddisfazione in merito alle qualità delle uve portate in cantina, e ottimismo per quelle ancora da raccogliere.
C’è chi si arrischia addirittura a parlare di un grande millesimo per la propria zona e i propri vini: il meteo solare di settembre e della prima parte di ottobre ha sicuramente favorito chi ha potuto attendere, dando modo alle uve più sane di accumulare zuccheri e raggiungere adeguati livelli di maturazione. Il nucleo del discorso è tutto qui: per sfruttare virtuosamente il clima dell’ultimo mese, bisognava avere a disposizione vigne in ordine da un punto di vista sanitario e grappoli integri. Chi come noi ha avuto modo di fare un giro piuttosto approfondito nelle principali aree produttive della regione a inizio settembre, sa bene come queste condizioni rappresentassero in quella fase l’eccezione e non certo la regola, in particolare per quel che riguarda le colline più densamente vitate dell’aglianico, in Irpinia e nel Sannio. In diverse situazioni l’occhio era facilmente ingannabile: uve molto belle da vedere, eppure estremamente fragili, che tendevano a rompersi al minimo contatto. Per non parlare di quelle piante che non hanno potuto portare a termine la maturazione dopo gli attacchi estivi di peronospora larvata e di tignoletta, che hanno ulteriormente aggravato i fenomeni di marciume acido. Va inoltre considerato come le temperature elevate delle ultime settimane non abbiano sempre aiutato i vigneron come si potrebbe immaginare: salvo una finestra caratterizzata dai venti di tramontana e maestrale, ha prevalso un caldo umido, con escursioni termiche decisamente limitate rispetto agli standard regionali del periodo.
Siamo sempre più convinti, insomma, che la 2014 si racconterà attraverso vini dal profilo fortemente eterogeneo, dove troveremo riuscite a dir poco sorprendenti (specie per chi ha potuto e saputo selezionare con rigore) accanto ad altre molto meno interessanti sul piano della complessità e del sapore. Bisognerà assaggiare tutto, come e più del solito: è praticamente impossibile, infatti, indicare in maniera credibile vitigni o terroir privilegiati da questa controversa lunga stagione. Avremo a che fare con 2014 brillanti e altri trascurabili esplorando tutte le tipologie, bianche e rosse, originate da varietà precoci e tardive, in zone calde e fredde, trasversalmente.
Avevamo inaugurato gli spazi dedicati al nuovo millesimo a fine luglio brindando idealmente con il metodo ancestrale da aglianico di Casebianche, il Fric (link). Ed è sempre in Cilento che torniamo per chiudere il cerchio e salutare di nuovo con una bella bottiglia questa pazza pazza vendemmia. Gli ultimi giorni torridi, spazzati dallo scirocco, non predispongono di certo ad un rosso intenso e strutturato. Ma col primo fresco varrà la pena di mettersi alla ricerca di uno dei più invitanti, coinvolgenti, golosi vini da aglianico incontrati in Campania negli ultimi anni, e non solo. E’ il Primalaterra 2013 di Salvatore Magnoni, vera e propria stella emergente della viticoltura salernitana. Da una decina d’anni ha deciso di dedicarsi a tempo pieno alle vigne di famiglia, collocate sul versante di Rutino che guarda la Valle dell’Alento, con la Costa di Casalvelino all’orizzonte e il Monte Stella a proteggere dalle correnti più umide. Circa due ettari posizionati intorno ai 300 metri di altitudine, sul classico flysch cilentano, coltivati con protocolli agronomici “naturali”. Un corpo unico re-impiantato ad aglianico tra il 2002 e il 2004, utilizzato fino ad oggi solo in parte per quello che è al momento l’unico vino della gamma (una parte delle uve viene infatti ancora venduta).
Dopo qualche prova non commercializzata, la prima vendemmia imbottigliata è stata la 2006. Fino al 2011 la trasformazione delle uve era effettuata dai De Conciliis, oggi tutte le fasi di lavorazione si svolgono nella fresca cantina interrata, ricavata nell’antico Palazzo Magnoni, nel cuore del centro storico di Rutino. La fermentazione è avviata in acciaio e completata in legno, tonneau esausti e rovere francese da 10 ettolitri, dove il Primalaterra matura per almeno un anno. Dal 2013 potrebbe affiancarsi un second vin, il Rosso del Ciglio (battezzato dal toponimo che identifica la vigna) e, nelle migliori vendemmie, una sorta di Riserva. Nel frattempo Salvatore Magnoni ha imbottigliato la versione 2012, ma secondo lui è ancora troppo indietro e sta pensando di farla uscire sul mercato dopo il “fratello” di un anno più giovane.
Una scelta inconsueta, almeno dalle nostre parti, che salutiamo con trepidante soddisfazione: il Primalaterra 2013 assaggiato in botte è una meraviglia fin dal naso, polposo e gioviale nei ricordi di lampone fresco, mallo di noce, erbe mediterranee. Viene fuori l’indole più estroversa e al tempo stesso aggraziata dell’aglianico, con tannini presenti ma mai preponderanti rispetto alla rigogliosa verve sapida, protagonista in un sorso continuo e trascinante nella beva. Assaggiato alla cieca, potrebbe far pensare ad alcuni dei più riusciti rossi provenzali, solari più che banalmente caldi e potenti nella configurazione. Occhio anche al costo: lo si può recuperare intorno ai 13 euro in enoteca, soglia di prezzo entro la quale facciamo grande fatica a trovare in regione Aglianico di questa autorevolezza.
Via Fratelli Magnoni, 11 – Rutino (SA)
Tel. +39 329 8125129
www.primalaterra.it
salvatoremagnoni@primalaterra.it
Superficie aziendale vitata: 2 ettari circa
Produzione annua (media): 10.000 bottiglie
Visite e vendita diretta in azienda (su prenotazione)