Aprire una bottiglia nel momento giusto è un’arte o una fortuna? Non ho mai risolto, né credo risolverò mai questo dilemma. Troppi fattori concorrono alla tenuta di un vino. Il rapporto di scambio con l’ambiente esterno, luce, aria, temperatura, costituisce una specie di lotteria che determina al momento della stappatura un risultato mai uguale a se stesso.
Nei vini di Raffaele Troisi il dialogo con il tempo assume un connotato decisivo. Il vignaiolo di Montefredane riesce a incastonare nella sua produzione un senso di austerità e durezza, che nelle fasi giovanili finisce per tenere a distanza i pavidi e gli inconsapevoli. L’approdo deve partire da lontano, rispettare il tempo e l’evoluzione.
Sono tornato ad assaggiare il Tornante 2010, cru di Greco prodotto dalla vigna di contrada Marotta, a Montefusco, caratterizzata da terreni fortemente argillosi e tenaci, con altitudini che sfiorano i 600 metri. Greco di Tufo che due anni fa baluginava un succo cristallino e la naturalezza dei grandi ma ancora ritroso, quasi seccato dell’apertura precoce e quindi ostico nella serbevolezza.
Ancora in anticipo, lo ammetto, ma la pazienza non è il mio forte. L’audacia, stavolta, è stata compensata. Ciò che due anni or sono potevo intuire, ora si palesa luminosamente. Ha intensità di frutta tropicale, poi felce e note di idrocarburo con richiami a miele scuro di castagno. Il palato è severo, qui risiede la firma del suo interprete, non si concede ma la sua sostanza va scalfita lentamente, quasi scolpita. Ne ottengo un sapore salato e succoso, un sorso pieno con cenni amari di erba subito equilibrati dalla profondità della materia.
Il momento giusto? Non so, ma un sorso di estrema complessità e finezza.
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